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Il papa che desidera la Chiesa: aspettative dal conclave del 2025

Conclave 2025 Foto: Vatican Media

Da mercoledì 7 maggio, il mondo intero aspetta quelle parole gioiose "Annuntio Vobis Gaudio Magnum: Habemus Papam" (Vi annuncio una grande gioia: abbiamo un papa!), mentre i cardinali elettori sono ritirati nella cappella Sistina per eleggere un nuovo Papa, il 266° successore di San Pietro.


Papa Francesco è morto il 21 aprile 2025, lunedì di Pasqua, all'età di 88 anni nella sua residenza di Santa Marta in Vaticano,  ponendo fine al suo pontificato di 12 anni, segnato da un profondo impegno nei confronti dei poveri, della giustizia sociale, della misericordia e del rinnovamento pastorale, ma anche marcato da controversie.

 

Verso il conclave

118 anni fa, San Pio X ha pubblicato un'enciclica profetica, "Pascendi Dominici Gregis" per 'correggere' il modernismo, che vedeva come una sintesi di tutte le eresie e una grave minaccia per la fede cattolica. Nella sua forma più cruda, il modernismo tentava di reinterpretare la dottrina cattolica tradizionale attraverso la filosofia e la psicologia contemporanee e le critiche storiche.

Pur non entrando nei singoli errori menzionati nella lettera, il significato singolare della Pascendi Dominici Gregis era il suo impatto sul cattolicesimo del 20° secolo, riaffermando l'ortodossia cattolica e tracciando linee chiare contro l'innovazione teologica percepita come incompatibile con la tradizione.

Lo ha fatto non solo richiamando il Tomismo come salvaguardia contro il relativismo, ma anche attraverso la riaffermazione di ciò che ha affermato l'ecclesiologia del Concilio Vaticano II: che la chiesa ha la responsabilità di "leggere i segni del tempo" e quindi di impegnarsi con il mondo contemporaneo. Pertanto, con una lingua intelligibile a ogni generazione, può rispondere alle domande perenni che gli uomini si pongono sulla vita attuale e su quella a venire e sulla relazione tra una e l'altra.


Oggi, proprio come il 1907, la chiesa si trova di fronte al neo-modernismo / modernismo post-digitale con la sua azione speciale e minaccia di 'annichilire' la fede cattolica. Gli errori che affronta oggi non sono lontani da quelli condannati da Pio X e includono tra gli altri:

  • scetticismo verso l'ortodossia, che sfida le verità cristiane universali e favorisce le narrazioni personali e le verità localizzate;
  • identità fluide, in particolare di genere, sessualità e religione considerate come costruite e flessibili;
  • pluralismo e relativismo che fanno avanzare una crescente tolleranza delle diverse visioni del mondo, ma anche un rischio di relativismo morale e di disconnessione dai valori condivisi e dalla decostruzione dell'autorità ecclesiale e delle sue istituzioni in cui sono richieste autenticità e trasparenza sulle strutture di potere tradizionali.


Più di recente, i magisteri dei papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno parlato severamente di questi errori dei nostri tempi: Giovanni Paolo II, in Veritatis Splendor (1993), ha ricordato alla Chiesa che la verità non può essere compromessa nel nome della pratica pastorale: "Non è mai accettabile fare il male, in modo che il bene possa derivare da esso". Inoltre, ha scritto che "la verità che Cristo rivela non può essere limitata a una tradizione; è universale e unica. La proposta di relativismo religioso è una negazione di questa verità".

D'altra parte, Benedetto XVI ci ha insegnato che "la vera 'speranza' del mondo non è una riforma politica ma la vittoria dell'amore di Dio sul peccato e sulla morte. La chiesa non deve mai perdere di vista la sua chiamata celeste" (Spe Salvi (2007). Ha avvertito che "... la chiesa sta morendo nei luoghi in cui non proclama più la fede nella sua pienezza, ma si adatta al mondo, e che la più grande persecuzione della chiesa non viene dai nemici all'esterno, ma deriva dal peccato all'interno della chiesa".

Francesco d'altra parte ha usato anche parole più forti per esprimere il pericolo di una società che rifiuta le basi morali condivise dicendo che il "relativismo è un 'cancro' o una 'dittatura'.


La Cattedra di Pietro non è un trono politico che deve essere rivendicato dalle ideologie. È un ufficio divino istituito da Cristo per salvaguardare il deposito della fede e la salvezza delle anime. Il successore di Pietro non è scelto per compiacere il mondo, ma per guidarlo alla salvezza. Mentre il Collegio dei Cardinali Elettori è riunito nella Cappella Sistina per eleggere un nuovo papa, dovrebbero essere vigili per gli errori del postmodernismo, nello specifico gli errori delle identità fluide, soprattutto dell'orientamento sessuale e delle questioni di genere, e quella del pluralismo e del relativismo in cui la fede cattolica è soggettiva.

Il conclave del 2025 è "un'ora divina e un momento profetico" in cui i cardinali devono discernere con fremito e preghiere colui che terrà le chiavi di Pietro, incaricato da Cristo di guidare la sua chiesa nella verità e nell'amore. Dobbiamo pregare che resistano a ogni forma di calcolo politico, pressione dei media o influenza secolare. Il prossimo papa deve essere un uomo di Dio, non un uomo di compromesso nel nome della 'compassione'. Perché solo ciò che è vero in definitiva è 'pastorale'.

Pertanto, il papa che la chiesa cattolica desidera ora non è colui che sarà 'moderato' tra conservatori/tradizionalisti e liberali/pluralisti, ma uno che è ORTODOSSO e (guidato dagli insegnamenti della Pastoral Constitution Gaudium et Spes del Vaticano II), sarà DECISO e AUDACE a leggere i 'segni dei tempi' (post-modernismo e i suoi errori), guidando la chiesa a impegnarsi con essi e, con un linguaggio intellegibile dalla sua generazione, risponde alle sfide del presente o alle realtà vive.

Come ha detto il cardinale Robert Sarah "la divisione nella chiesa non è causata dai 'tradizionalisti', ma da coloro che torcono la dottrina per il potere o il comfort ideologico". La nostra lettura dei segni del mondo oggi deve essere guidata da questa istruzione: "Non essere conforme a questo mondo, ma sii trasformato dal rinnovamento della tua mente" (Romani 12: 2).

Il papato non è un'istituzione politica che fa avanzare alcune ideologie populistiche o un'entità umanitaria che fa un po' di lavoro sociale, e quindi non deve cedere a questi errori dei nostri tempi che ora sono visti come "cose ​​alla moda e interessanti da fare". E oso dire, quando il Cardinale Decano, Giovanni Battista Re farà la domanda a colui che è stato eletto papa “Quo nomine vocaberis?” (con quale nome vorresti essere chiamato?), mi piacerebbe sentire il cardinale eletto dire 'Pio XIII' o 'Benedetto XVII' o 'Giovanni Paolo III'.

 

 

 


Fonte: Mark Antonie Ageng’a (ex membro dell'Ordine dei Frati Predicatori, Frati Domenicani).

Pubblicato in Citizen Digital (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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