Dei sedici nipoti, figli di Angelo, di Teresa, di Lucia e di Atonia sarto, fratello e sorelle del Beato Pio X, don Battista Parolin fu l’unico che si consacrò al Signore.
Figlio di Giovanni Parolin e di Teresa Sarto, egli nacque a Riese il 30 giugno 1870 e, nell’infanzia, visse accanto alla nonna materna Margherita Sanson-Sarto, che lo prediligeva fra tutti i nipotini.
Fin da bambino manifestò il desiderio di seguire la vocazione religiosa e, quando i genitori decisero di mandarlo in seminario, lo zio mons. Giuseppe Sarto, allora Cancelliere vescovile, lo annunciò al Rettore così:
“Vi avverto che in quest’anno entrerà in seminario, come convittore, mio nipote Battistino, figlio di Giovanni Parolin e di una mia sorella; ha fatto molto bene gli esami e spero farà bene anche in seguito. Intanto vi prego di fare un qualche memento perché, se non avesse vocazione allo stato ecclesiastico, Iddio lo illumini fin da principio della sua carriera, onde non abbia a mettersi per una strada, per la quale il Cielo non lo chiama”.
Nel seminario vescovile di Treviso, Battista Parolin si distinse per zelo, pietà e profitto nello studio; il 14 agosto 1893 egli celebrò la prima Messa solenne in Riese.
Per undici anni, don Battista fu cappellano al Duomo di Castelfranco Veneto, sotto la guida amorosa ed intelligente, se pur rigida e severa, dell’arciprete Mons. Luigi Camavitto, uomo di temperamento piuttosto rude, ma franco ed esatto nei propri giudizi.
Più tardi a don Battista, ormai parroco di Possano, il Camavitto scrisse: “Le cose qui vanno con il solito tran tran, ma si sente che ci manchi tu!”.
A Possano il parroco don Parolin donò tutto se stesso, nell’amore per le anime, nella vigile custodia di ogni patrimonio spirituale, nell’incremento di ogni santa iniziativa, là, nel tempio che il genio di Antonio Canova volle innalzato alla SS. Trinità.
Furono anni di intenso, ininterrotto lavoro sacerdotale, tutto ardore, tutto speranza.
Quando inaspettata giunse la fausta notizia dell’elevazione del Cardinale Sarto al Soglio pontificio, l’arciprete Parolin, erede dello spirito di umiltà del suo grande Congiunto, pure gioendo di santa letizia, pianse per Lui, gravato dal peso di tutte le croci del mondo.
Essere nipote di un Pontefice poteva significare (per chi non conosceva l’evangelico Papa e il modestissimo giovane sacerdote) andare verso un avvenire facile e prospero.
Ed ecco la Gazzetta di Messina del 14 agosto 1903, pubblicò: “Questi è il nipote di Sua Santità e con l’avvento al trono di San Pietro di suo Zio, egli ha diritto di essere nominato, nientemeno, Cardinale! Battista Parolin è un bravo giovanotto, un prete moderno, che a Possano va d’accordo con tutti; lo Zio lo farà Cardinale e sarà il più giovane del Sacro Collegio, perché non conta che 32 anni!”
O degli intenti umani, antiveder bugiardo.
A Treviso l’arciprete Parolin fu chiamato a reggere la parrocchia del Duomo, vincendo l’opposizione di Pio X e solo per obbedienza al vescovo diocesano mons. Longhin. Ma la sua permanenza in questa città fu breve, perché dopo la morte di Pio X (20 agosto 1914) il nuovo Pontefice Benedetto XV, su designazione del Card. Merry del Val, chiamò a Roma, nel Capitolo Vaticano, il pio monsignore, che il 9 settembre 1914 lasciò la città del Sile, per la Città Eterna, mentre il Capitolo Trevigiano lo annoverava fra i canonici onorari.
A Roma l’attività di mons. Parolin fu multiforme: viveva in un piccolo appartamento, in piazza Rusticucci, con la vecchia mamma, le zie Sarto e la direttissima sorella Gilda.
Non bastava al suo zelo di sacerdote dividere la propria vita fra la serena oasi della modesta abitazione ed il coro di San Pietro! Cercò ed ottenne svariati incarichi di indole spirituale, disimpegnandoli con vivo e costante interessamento, con assidua cura amorosa.
Così fu sottodecano convisitatore della fiorente confraternita del SS. Sacramento; membro speciale della Commissione pontificia per lo studio per la riforma dei Capitoli di Roma; membro della Commissione romana per l’Unione missionaria del Clero; accademico della pontificia Accademia scientifica e letteraria della Immacolata Concezione, nella classe di merito; membro dell’Arciconfraternita dei cento preti; deputato ecclesiastico di monasteri e case religiose di Roma; confessore per l’anno santo; membro dell’Opera per la propagazione della fede.
Come scrissero gli eminentissimi cardinali Sbarretti e Lauri, in tutti questi uffici, monsignor Parolin portò “competenza e delicatezza esemplari, sperimentata prudenza e zelo ben noto”.
Caro alla paterna bontà dei Pontefici Benedetto XV e Pio XI, fu da entrambi onorato da tutti di particolare considerazione e da varia particolare corrispondenza; un devoto profondo affetto legò mons. Parolin al compianto Card. Merry del Val.
Durante le vacanze autunnali egli si fermava intere settimane a Riese, ove i compaesani lo accoglievano con gioia sincera, affollandosi in chiesa per ascoltarlo nella spiegazione del Vangelo o del catechismo.
A Fiuggi, dove egli si era recato per motivi di salute, il 30 luglio 1935, lo colse, improvvisa, la morte; egli si trovava in chiesa, prostrato davanti al Tabernacolo.
“Morì adorando, come muoiono i puri di cuore” fu scritto di Lui e questo elogio riassume tutta la vita, tutta l’opera, tutto l’amore e tutto l’ardore sacerdotale di mons. Battista Parolin, degno nipote del Beato Pio X.
Fonte: Comitato Onoranze Beatificazione Pio X di Riese