Domanda: "Ho letto quanto segue da padre McNamara: «All'inizio del XX secolo un decreto papale ha tentato di vietare cori misti, ma non è mai stato completamente implementato, e oggi la maggior parte dei cori liturgici sono misti». Vorrei saperne di più su questo decreto papale". - F.S., Roma
Foto: Zenith News
Risposta di padre Edward McNamara: La dichiarazione di cui sopra proviene da un intervento sulla posizione del coro pubblicato il 31 ottobre 2021. Il documento papale era di San Pio X, un motu proprio sulla riforma della musica liturgica promulgato in italiano nel 1903 chiamato 'Tra le sollecitudini'. Questo è il testo pertinente nel documento:
V Cantori.
12. Tranne le melodie proprie del celebrante all’altare e dei ministri, le quali devono essere sempre in solo canto gregoriano senza alcun accompagnamento d’organo, tutto il resto del canto liturgico è proprio del coro dei leviti, e però i cantori di chiesa, anche se sono secolari, fanno propriamente le veci del coro ecclesiastico. Per conseguenza le musiche che propongono devono, almeno nella loro massima parte, conservare il carattere di musica da coro.
Con ciò non s’intende del tutto esclusa la voce sola. Ma questa non deve mai predominare nella funzione, così che la più gran parte del testo liturgico sia in tale modo eseguita; piuttosto deve avere il carattere di semplice accenno o spunto melodico ed essere strettamente legata al resto della composizione a forma di coro.
13. Dal medesimo principio segue che i cantori hanno in chiesa vero officio liturgico e che però le donne, essendo incapaci di tale officio, non possono essere ammesse a far parte del Coro o della cappella musicale. Se dunque si vogliono adoperare le voci acute dei soprani e contralti, queste dovranno essere sostenute dai fanciulli, secondo l’uso antichissimo della Chiesa.
14. Per ultimo non si ammettano a far parte della cappella di chiesa se non uomini di conosciuta pietà e probità di vita, i quali, col loro modesto e devoto contegno durante le funzioni liturgiche, si mostrino degni del santo officio che esercitano. Sarà pure conveniente che i cantori, mentre cantano in chiesa, vestano l’abito ecclesiastico e la cotta, e se trovansi in cantorie troppo esposte agli occhi del pubblico, siano difesi da grate".
In questo documento il santo pontefice, sebbene sostenesse la "partecipazione attiva" dei fedeli ai misteri divini, aderiva a un'opinione allora diffusa secondo cui la funzione corale era principalmente clericale e quindi riservata agli uomini. Sebbene questa opinione asserisse di essere "l'uso più antico della chiesa", la successiva ricerca storica ha dimostrato che questo non è necessariamente così.
Nei primi secoli non sembrava esserci stato un gruppo specializzato di cantori e l'intera assemblea veniva definita "il coro". Solo nella tarda antichità e nel Medioevo troviamo i primi gruppi di cantori, e questi occasionalmente includevano donne ascete che partecipavano alla celebrazione con gli altri.
La prima Schola Cantorum, composta da chierici di ordini minori o maggiori, nonché ragazzi (spesso orfani), emerse a Roma all'inizio del VII secolo e questo modello di cori scolastici di cattedrale si diffuse in tutta Europa. Da ciò è nato ciò che un autore definisce la 'nozione clericale' del coro come limitata ai membri del clero. Ciò ha portato il coro ad avvicinarsi all'altare nell'area riservata al clero e, in alcuni punti, in spazi chiusi fuori dalla vista dei laici.
Dal 15° secolo in poi, vi fu un successivo sviluppo del coro che accompagnò la graduale introduzione della polifonia nella musica liturgica. Il canto fu sempre più delegato a laici formati piuttosto che a chierici e, di conseguenza, dal 17° secolo, la posizione fisica del 'coro' fu trasferita in altre parti dell'edificio della chiesa, come la cantoria. Ciò ha portato a una certa dissociazione tra l'esibizione musicale e l'azione liturgica. Significava anche che le donne erano di nuovo ammesse al coro, il che facilitò composizioni musicali sempre più complesse.
Al tempo di San Pio X, molta musica liturgica, specialmente in Italia e in Spagna, era ispirata da modelli operistici leggeri, accompagnati da assoli virtuosi occasionali che erano più evocativi di un teatro che di una chiesa. Sebbene la sua visione della natura clericale della musica liturgica potrebbe non essere stata storicamente accurata, era obiettivo nobile il desiderio di Pio X di rimuovere le esibizioni non edificanti e ripristinare la santità, la dignità e la bellezza alla liturgia attraverso il ripristino del canto gregoriano e la polifonia classica.
Nel corso dei decenni successivi, gli sforzi della chiesa hanno avuto un certo successo ad aumentare l'uso del canto gregoriano e molti laici hanno imparato i rudimenti delle principali melodie tradizionali. Questo successo non fu universale, e il motu proprio non è stato neppure pienamente implementato in tutti i luoghi. Questo è stato anche per la parte relativa all'esclusione delle donne dal coro, che è stata ampiamente ignorata o trascurata in alcuni paesi anche se è rimasta politica ufficiale.
Nel 1955 il documento 'Musicae Sacrae Disciplina' ammise di nuovo la possibilità di ammettere le donne al coro, anche se come eccezione, e solo se il coro si trovava fuori dal santuario. Queste restrizioni furono confermate del 1958 nella liturgia "Instructio de Musica sacra et sacra". La costituzione del Concilio Vaticano II sulla liturgia, "Sacrosanctum Concilium", abbandonò la nozione strettamente clericale del coro, e in effetti, di una nozione di adorazione clericaria in generale, in quanto vede la celebrazione come l'atto dell'intera assemblea, con clero e laici uniti nella comunione gerarchica.
Il coro è visto come parte integrante dell'assemblea che offre un particolare servizio alla santificazione del culto divino. Alla luce degli sviluppi conciliari e postconciliari nella teologia liturgica, la questione della partecipazione delle donne ai cori e molti altri ministeri liturgici, è del tutto irrilevante.
Fonte: Padre Edward McNamara, professore di liturgia e teologia sacramentale e direttore del Sacerdos Institute all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Pubblicato in Zenit News (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Il contenuto non impegna e non dipende dalla Parrocchia S. Matteo di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali link contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei alla Parrocchia, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche storiche, mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.