Più di 106 anni fa fu pubblicato il decreto Quam singulari Christus amore, preparato dalla Sacra Congregazione dei Sacramenti l’8 agosto 1910 per disposizione del papa san Pio X, con cui si stabiliva che i ragazzi fossero ammessi alla prima comunione all’età della discrezione, cioè verso i sette anni di età, come aveva stabilito il Concilio Lateranense IV (1215) e come aveva confermato il Concilio di Trento nella sua 13ª Sessione (1551-1552), anziché ai dodici-quattordici anni, come prevedeva la prassi pastorale di quel tempo.
Fu quella una svolta molto importante per la pastorale in genere e dei bambini in specie i quali, senza dover attendere più a lungo, potevano accostarsi alla Comunione eucaristica dopo aver ricevuto nelle loro parrocchie una preparazione che permettesse loro di apprendere i primi e fondamentali elementi della fede cristiana. L’età della discrezione veniva infatti individuata intorno ai sette anni, quando cioè si poteva distinguere il pane comune dal Pane eucaristico, vero Corpo di Cristo.
Insomma: un vero e proprio ritorno alle origini, dal momento che nella Chiesa primitiva il Sacramento dell’Eucaristia veniva amministrato anche ai neonati, subito dopo il Battesimo, sotto la specie di alcune gocce di vino consacrato.
L’Eucarestia fu un punto fermo nel ministero di Pio X, il quale proprio per favorire e difendere la vita cristiana, volle promuovere una comunione sempre più profonda con Cristo, incontrato nei Sacramenti e soprattutto nell’Eucaristia. Egli era convinto che solo con una frequente, libera, consapevole partecipazione all’Eucaristia sarebbe stata possibile una trasformazione della vita cristiana.
Il nodo portante di Quam singulari è il concetto di “età della discrezione” per la Comunione che è “quella in cui il fanciullo sa distinguere il Pane eucaristico dal pane comune e materiale”.
E’ davvero disarmante un simile ragionamento; ma il documento della Santa Sede argomenta: “Non si ricerca una perfetta conoscenza in materia di fede, essendo sufficienti pochi elementi, cioè una qualche cognizione; né è necessario il pieno uso della ragione, bastando un uso incipiente, cioè un certo quale uso della ragione”. Insomma per accedere al Sacramento i bambini dovevano ricevere un’adeguata preparazione, da farsi in famiglia e in parrocchia, fondata sulla conoscenza dei misteri principali della fede cristiana, sulla capacità di distinguere il bene dal male e sulla capacità di distinguere il Pane eucaristico, vero Corpo di Cristo, dal pane comune.
Ma se non bastasse Quam singulari esplicita che “protrarre in lungo la Comunione e fissar per essa un’età più matura, è uso del tutto riprovevole e condannato più volte dalla Sede Apostolica”.
Stabilita come “condizione assolutamente necessaria” che il bambino sapesse distinguere il Pane eucaristico dal pane comune, Quam singulari entra nel merito della conoscenza delle verità della fede da parte del bambino “per quanto lo consentano le forze della sua intelligenza”. E quali sono questi "misteri della Fede necessari"?
Lo chiarisce il Decreto della Sacra Congregazione:
- l’unità e trinità di Dio,
- l’incarnazione passione e morte di Nostro Signore Gesù Cristo;
- Dio, come giusto giudice, premia eternamente i buoni col paradiso punisce eternamente i reprobi con l’inferno.
In un commento dell’epoca al Decreto si legge: “Or questi misteri il bimbo deve conoscerli come meglio può. Quindi non perfettamente, alla maniera dei teologi, ma che ne sappia afferrare la sostanza.”
Ma Quam singulari lungi dall’apparire indulgente si affretta a chiarire che il bambino "dovrà in seguito venire imparando il catechismo intero, in modo proporzionato alle forze della sua intelligenza”
E nelle norme “da osservarsi dappertutto per ciò che riguarda la prima Comunione dei fanciulli” con le quali conclude il Decreto Quam singulari si ribadisce: “Ricordino inoltre tutti quelli, cui è affidata tal cura, il dovere gravissimo che loro incombe di provvedere che i detti fanciulli continuino a frequentare l’insegnamento del catechismo che si dà in pubblico, o almeno suppliscano in altra maniera all’istruzione religiosa dei medesimi”.
In questa esortazione vi si legge la preoccupazione pastorale di accompagnare i fanciulli verso una progressiva conoscenza di Gesù e verso una comunione sempre più intensa con lui, facendo vivere loro una serena e gioiosa esperienza di vita cristiana.
Vi è in un questo Decreto del 1910 un che di profetico e di fortemente attuale. La catechetica e la pastorale catechistica sostengono instancabilmente che se ogni sacramento ha bisogno di essere evangelizzato, la catechesi non è finalizzata ai sacramenti, ma alla vita cristiana.
Infatti l’obiettivo di allora come di ora è quello del momento culminante della nostra comunione con Cristo che si realizza mediante l’incontro sacramentale con Lui nell’Eucaristia, «culmine e fonte della vita cristiana». Per questo, iniziare i bambini all’Eucaristia è molto di più che prepararli alla prima Comunione. E’ introdurli alla vita cristiana ed ecclesiale; è nutrire la loro vita cristiana con gli atteggiamenti propri della vita liturgica espressi nella celebrazione eucaristica: l’accoglienza fraterna, l’ascolto della parola di Dio, la professione di fede, l’offerta di sé, la disponibilità al servizio.
Sono persuaso che saranno molti a muovere obiezioni alla ammissione dei fanciulli alla prima comunione alla “età della discrezione”, l’età, cioè in cui il fanciullo ha raggiunto l’uso della ragione. Al contrario Non pochi sono convinti, insieme a San Pio X, che questa prassi di far accedere i bambini alla Prima Comunione fin dall’età di sette anni abbia portato alla Chiesa grandi grazie. Permettere che i bambini possano ricevere il prima possibile Gesù eucaristico è stato per molti secoli uno dei punti fermi della pastorale nella Chiesa
Il Papa Giovanni Paolo II nel suo libro «Alzatevi, andiamo!» è ritornato di recente con parole di ammirazione su quella decisione di San Pio X e ha scritto: «Una testimonianza toccante di amore pastorale per i bambini la diede un mio predecessore, San Pio X, con la decisione relativa alla prima Comunione. Egli non soltanto abbassò l’età necessaria per accostarsi al Mensa del Signore, cosa di cui approfittai io stesso nel maggio 1929, ma diede la possibilità di ricevere la Comunione anche prima di aver compiuto i sette anni, se il bambino mostra di avere sufficiente discernimento. La Santa Comunione anticipata fu una decisione pastorale che merita di essere lodata e ricordata, perché ha prodotto tanti frutti di santità e di apostolato tra i bambini, favorendo anche lo sbocciare di vocazioni sacerdotali».
Mentre da una parte occorre che ci rendiamo sempre più sensibili al fatto che l’Eucarestia «è un antidoto per liberarci dalle colpe quotidiane e preservarci dai peccati mortali» come insegnato dal Concilio di Trento, dall’altra è necessario che ai fanciulli sia offerto un cammino globale di iniziazione alla vita cristiana.
«Per iniziazione cristiana si intende… un cammino diffuso nel tempo e scandito dall’ascolto della parola di Dio, dalla celebrazione e dalla testimonianza dei discepoli del Signore, attraverso il quale il credente compie un apprendistato globale della vita cristiana e si impegna a una scelta di fede e a vivere come figlio di Dio, ed è assimilato, con il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia al mistero pasquale di Cristo nella Chiesa». (Il catechismo per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi. CEI, 15 giugno 1991).
I Pastori della Chiesa che è in Italia avvertono che l’itinerario di iniziazione non termina con la celebrazione del battesimo, cresima ed eucaristia, ma continua con il tempo della mistagogia. I ragazzi, una volta ricevuti i sacramenti dell’iniziazione cristiana, vanno aiutati a crescere in una sempre più grande fedeltà a Cristo. Attraverso la meditazione del Vangelo, la catechesi, l’esperienza dei sacramenti e l’esercizio della carità, devono essere condotti «ad approfondire i misteri celebrati e il senso della fede, a consolidare la pratica della vita cristiana».
Possa questo centesimo anniversario di “Quam singulari Christus amore”, ricordaci che, al di là dei metodi e dei percorsi, deve rimanere fondamentale l’intento dell’impegno educativo della Chiesa Madre: “favorire l’incontro con l’amore di Dio, che si è manifestato in Cristo crocifisso e risorto e si è fatto Pane di vita per noi nell’Eucaristia, per renderci partecipi della vita del Signore risorto, per rinnovare tutta la nostra vita e per farci diventare testimoni credibili dell’amore di Dio nel mondo” (Vescovi del Triveneto).
Fonte: Tommaso Stenico su Umanesimo Cristiano
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