In alcuni ambienti si tende a presentare Leone XIII e Pio XI come Papi “liberali” o “modernizzanti” se non addirittura “modernisti”, in contrapposizione a san Pio X papa veramente antimodernista.
Ora son pienamente d’accordo sul totale antimodernismo di Pio X, ma non riesco a capire come si possa, esaminando il magistero dei tre Papi, arrivare alla conclusione del liberalismo/cattolico di papa Pecci e di papa Ratti.
Tale conclusione viene tratta dalla dottrina insegnata dai tra Pontefici riguardo alla morale sociale o dottrina politica, reputata cattolica integralmente in papa Sarto, mentre sarebbe inficiata di liberalismo negli altri due Papi citati sopra.
Specificatamente si ritiene, e giustamente, che tutta la dottrina magisteriale di Pio X sia perfettamente cattolica; mentre, molto ingiustamente, si ritiene che quella di Leone XIII difetterebbe quanto alla questione del cosiddetto Ralliément esposta nell’Enciclica Au milieu del 1892 e quella di Pio XI nella condanna dell’Action Française del 1926 e nel sostegno dato all’Azione Cattolica da papa Ratti durante tutto il suo Pontificato (1922-1939).
Se, tuttavia, si studiano i suddetti documenti magisteriali dei tre Pontefici romani, si riscontra una sostanziale identità di dottrina e una diversità accidentale di applicazione pratica dei medesimi principi filosofico/teologici alla questione sociale, data la differenza di circostanze cronologiche (1872-1939) e geografiche (Francia e Italia), avendo i tre Papi regnato in un arco di tempo che copre circa 70 anni.
Pio X, il Sillon e la politica o la morale sociale
San Pio X condanna il Sillon poiché questo non vuole essere sottomesso all’Autorità ecclesiastica sotto il pretesto di occuparsi di politica, che, secondo i sillonisti, non sarebbe il terreno dell’ordine spirituale della Chiesa, ma unicamente materia di ordine temporale.
Il Papa risponde loro che la politica coincide con la morale sociale, che è campo e materia propria della Chiesa.
Pio X, inoltre, ricorda che “non esiste vera civiltà politica o sociale senza morale e non c’è vera morale senza vera religione”.
Dunque, se ci si impegna in politica, è erroneo separare la politica dalla metafisica, dalla morale e dalla Rivelazione e reputarsi indipendenti dall’Autorità ecclesiastica come se la politica non fosse parte integrante della morale sociale naturale e cristiana.
La retta ragione dimostra che “l’uomo è un animale naturalmente socievole” (Aristotele e san Tommaso d’Aquino), il quale non può vivere da solo, ma deve trovare il proprio perfezionamento nella società (prima familiare e poi politica). Quindi l’uomo è una creatura di Dio e gli deve il vero culto non solo in quanto individuo, ma anche socialmente preso, sia nella famiglia sia nella città.
Perciò san Pio X insegna: “Non si edificherà la società in modo diverso da come Dio l’ha edificata: non si edificherà la società se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori”.
Pio X osserva, poi, che è ben strano ed ardito da parte dei laici cattolici porsi in concorrenza col Sommo Pontefice (Leone XIII), adottando un insegnamento sociale diverso da quello di Leone XIII, da lui tanto venerato e citato quanto vituperato da certi ambienti, che rappresentano la faccia specularmente opposta del sillonismo (perché al “peccato di democrazia”, come unica forma di governo, oppongono il “peccato di monarchia”).
Ora i sillonisti hanno rigettato il programma di Leone XIII e adottato una dottrina sociale diametralmente opposta al suo magistero. Infatti
- ritengono la democrazia l’unica forma di governo legittima;
- fanno risiedere l’Autorità nel popolo e non in Dio;
- vogliono il livellamento delle classi e quindi sono in contrasto con la dottrina cattolica.
Dunque il problema del Sillon è non solo disciplinare (insubordinazione all’Autorità ecclesiastica), ma anche dottrinale.
Pio X controbatte che con la teoria democraticistica del Sillon “si infeuda la Chiesa ad un partito politico”. Come l’Action Française avrebbe voluto infeudare la Chiesa alla sola monarchia, così il Sillon vorrebbe infeudare la Chiesa alla sola democrazia moderna. Appare chiaro che tra Sillon, Maurrassismo e anti-Ralliement-ismo ci sono solo delle differenze accidentali (pro monarchia et pro democratia), ma una dottrina sostanzialmente convergente. Invece la politica deriva dalla morale e quindi “la Chiesa non può non far politica” (Pio X). Quindi delle due l’una: o hanno ragione Pio X, Leone XIII e Pio XI o hanno torto tutti e tre, poiché hanno proposto la stessa dottrina (la politica deriva dalla morale e quindi la Chiesa ha giurisdizione magisteriale e legislativa su di essa) anche se applicata in circostanze storiche diverse.
Inoltre, spiega papa Sarto, “Gesù ha posto come condizione indispensabile per entrare nel Regno dei Cieli di far parte del suo gregge, di accettare la sua dottrina, di osservare i comandamenti, di praticare le virtù e di farsi guidare da Pietro e dai suoi successori. Sono insegnamenti, questi, che si avrebbe torto ad applicare solo alla vita dell’individuo in vista della sua salvezza eterna: essi sono insegnamenti eminentemente sociali” poiché l’uomo è un animale socievole per natura come è razionale per natura. Quindi non esiste un uomo che non sia razionale o socievole. L’uomo è fatto per conoscere la verità, ragionando e per cogliere il suo fine ultimo vivendo in società
Perciò il Vangelo, il Cristianesimo, la Religione, la Chiesa sono eminentemente sociali e politici poiché l’uomo è un animale naturalmente socievole, ossia fatto per vivere non da solo, ma in società naturale (Stato) e soprannaturale (Chiesa) poiché è composto di corpo, che tende al bene temporale, e di anima, che è finalizzata al bene ultimo spirituale.
Papa Sarto insegna: “la questione sociale e la dottrina sociale non sono nate ieri; in tutti i tempi la Chiesa e lo Stato, in felice accordo, hanno suscitato delle feconde organizzazioni per la soluzione della questione sociale. […]. I membri del Sillon si organizzino per diocesi sotto la direzione dei rispettivi Vescovi diocesani allo scopo di lavorare alla rigenerazione sociale, cristiana e cattolica, del popolo”. Pio X con questo propone come soluzione alla deviazione sillonista la medesima Azione Cattolica a causa della quale Pio XI è accusato di liberalismo.
Dunque per san Pio X
- non è lecito adottare un insegnamento sociale diverso da quello di Leone XIII, il quale è il medesimo di quello del Vangelo, per cui rigettando il primo si rifiuta anche il secondo;
- la deviazione sociale e politica sillonista è non solo disciplinare, ma anche dottrinale;
- non si edificherà la società civile e politica se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori;
- vi sono tre forme di governo e non si può insegnare che una sola – democrazia (Sillon) o monarchia (Action Française) – è buona, altrimenti si infeuda la Chiesa ad un partito politico sia democratico che monarchico. Dunque come esiste un “peccato di democraticismo” (Sillon) esiste un “peccato di monarchicismo” (Action Française).
Quindi, per san Pio X, la politica è dominio dell’insegnamento della Chiesa, che può e deve intervenire quando i principi dottrinali su cui si fonda un sistema politico sono erronei. La Chiesa ha un potere almeno indiretto, in ragione dell’errore e del vizio, sulle cose temporali. È quello che insegna anche Pio XI nell’Enciclica sulla regalità sociale di Cristo anche nelle cose temporali (Enciclica Quas primas, 1925).
Leone XIII, Pio XI e la politica
Ora come conciliare l’insegnamento di san Pio X con la pretesa che il dominio politico, su cui son intervenuti Leone XIII (per il cosiddetto Ralliément) e Pio XI (con la condanna dell’Action Française e il rafforzamento dell’Azione Cattolica), non spetterebbe alla Chiesa?
Leone XIII, il Sillabo e la condanna del liberalismo
Il Sillabo, promulgato da Pio IX è la “magna carta” dell’antiliberalismo. Ma «la prima idea del Sillabo risale al card. Gioacchino Pecci, il futuro Leone XIII, che nel novembre 1849, come arcivescovo di Perugia, durante il Concilio provinciale di Spoleto, propose di chiedere al Papa la condanna in globo degli errori moderni concernenti la Chiesa, l’autorità, la proprietà».
Pio XI e l’Azione Cattolica
Pio XI è chiamato il Papa dell’Azione Cattolica. Alcuni reputano l’Azione Cattolica intrinsecamente liberale e modernista.
Ora san Pio X ha insegnato: “I membri del Sillon si organizzino per diocesi sotto la direzione dei rispettivi Vescovi diocesani allo scopo di lavorare alla rigenerazione sociale, cristiana e cattolica, del popolo”. In pratica anche Pio X ( per il Sillon) come Pio XI (per l’Action Française) propone come soluzione alle deviazioni sociali l’Azione Cattolica.
Quindi, se i nemici dell’Azione Cattolica fossero coerenti, dovrebbero accusare di modernismo anche san Pio X.
Inoltre occorre specificare, come scrive il card. Pietro Parente, che l’Azione Cattolica non è nata con Pio XI, ma è la «denominazione moderna dell’apostolato dei laici, che è antico quanto il Cristianesimo. Come apostolato organizzato e subordinato alla Gerarchia Ecclesiastica, l’Azione Cattolica è sorta in varie nazioni di Europa durante l’Ottocento ed ebbe la sua prima grande affermazione ufficiale nel 1863, sotto Pio IX, col Congresso Internazionale di Malines. […] Attraverso sviluppi e crisi l’organizzazione arriva al pontificato di Pio XI e sotto di lui l’Azione Cattolica raggiunge una compatta struttura organizzativa in Italia e fuori. […] L’aspetto teologico dell’Azione Cattolica è definito come la ‘partecipazione’ dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa. […] Il rapporto dell’Azione Cattolica con la Gerarchia è di subordinazione, simile al rapporto di causa strumentale libera, alla causa principale (Gerarchia); oppure ad un rapporto di analogia, per cui l’apostolato in senso vero e proprio risiede nella Gerarchia, mentre nell’Azione Cattolica ci sarebbe solo per analogia di attribuzione». Per cui sarebbe liberale anche Pio IX e (absit!) Gesù Cristo, il quale ha raccomandato ai fedeli di seguire ed essere sottomessi agli Apostoli con Pietro a capo e ai loro successori (Vescovi e Papa).
La dottrina politica di Leone XIII e il Ralliément
Il 16 febbraio 1892, Leone XIII pubblicava l’Enciclica Au milieu des sollicitudes. In essa il Papa mostra la gravità “del vasto complotto, che certi uomini hanno ordito, per distruggere il cristianesimo in Francia”. A tale ostilità anticristiana, il Pontefice risponde con l’insegnamento della dottrina sociale cattolica.
Leone XIII ricorda che per principio la Chiesa sa quale sia la miglior forma di governo in sé, tuttavia la Chiesa insegna che tutte e tre le forme di governo (monarchia, aristocrazia, politìa) sono indifferenti: esse diventano buone o cattive a seconda del fine verso cui son dirette, ossia il bene comune o meno. In tale ordine di idee speculative, ogni cittadino ha piena libertà di preferire una forma di governo (per es. la monarchia) all’altra (per es. la repubblica). Ma, ricorda papa Pecci, la forma di governo non è né perpetua, né intangibile; il tempo, questo grande trasformatore di ogni cosa quaggiù, opera nelle istituzioni politiche dei grandi cambiamenti, che possono essere pacifici, o purtroppo violenti, ed allora si corre il rischio di cadere nell’anarchia; allora una necessità sociale s’impone alla nazione: essa deve provvedere a se stessa, e tale necessità giustifica la creazioni di nuove forme di governo, facendo succedere una forma (per es. la repubblica) ad un’altra (per es. la monarchia); la novità riguarda solo la forma di governo (che in sé è indifferente) e non il potere o l’autorità considerati in sé, che continuano ad essere degni di rispetto.
Il Papa introduce un’altra distinzione tra potere costituito e legislazione. E spiega che sotto un regime la cui forma è eccellente (per es. la monarchia) la legislazione può essere detestabile (per es. le leggi promulgate da Casa Savoia in Italia durante il Risorgimento o dalla Casa reale inglese dopo lo scisma anglicano); mentre, al contrario, sotto un regime la cui forma di governo è la meno perfetta (per es. la politìa o repubblica) vi può essere un’eccellente legislazione (per es. l’Ecuador sotto Garcia Moreno). La legislazione è l’opera degli uomini che sono investiti del potere e quindi la qualità delle leggi dipende più da questi uomini di governo che dalla forma di potere. Le leggi saranno buone o cattive, a seconda che i governanti abbiano lo spirito imbevuto dalla prudenza politica (Garcia Moreno), o dalla passione (Vittorio Emanuele II Savoia ed Enrico VIII Tudor).
Quindi il Papa giunge alla conclusione: ecco il terreno sul quale, messa da parte ogni discordia sulla forma di governo preferita, la gente per bene deve unirsi come un solo uomo, per combattere gli abusi della cattiva legislazione, fatta da cattivi governanti, a prescindere dalla forma di governo, in sé indifferente, che non è il problema primario perché deve cedere il passo di fronte ad una legislazione anticristiana e a dei legislatori cattivi.
Pio XI e la condanna dell’Action Française
Vi è un interessante articolo, pubblicato dall’Enciclopedia Cattolica, che fa la cronaca di quelli che furono gli avvenimenti che portarono alla condanna dell’Action Française; lo riprendo, quasi totalmente, e lo porgo al lettore:
“Movimento politico sociale, sorto in Francia nel 1899. Il programma politico del movimento, assurto col tempo a vero e proprio partito, era e restava prettamente francese: la restaurazione della monarchia in Francia. La lotta, però, per attuare questo programma, venne ad assumere caratteri più universali: l’esaltazione di un nazionalismo integrale… accanto al movimento politico ed al partito, stava il sistema filosofico sociale ispiratore di princìpi e di dottrine ben più ardite e pericolose. I teorici del movimento… Maurras e Daudet… si ispiravano volentieri alle teorie positiviste. Nessuna meraviglia dunque se sullo sfondo delle dottrine dell’Action Française troviamo un agnosticismo decisamente ateo ed anticristiano, un naturalismo apertamente pagano, e quindi un inconfondibile amoralismo, dell’individuo e della società, con la conseguente sottrazione dell’individuo come della società all’influsso della legge di Dio e della Chiesa. La proclamata subordinazione della morale e del diritto all’interesse nazionale si spiega appunto sullo sfondo di siffatte dottrine. Per queste ragioni le autorità della Chiesa, evitando con ogni cura d’ingerirsi nel programma meramente politico dell’Action Française, disapprovarono e condannarono gli errori dal punto di vista morale e religioso. La condanna era decretata e pronta fin dal 1914; ma era stata differita la pubblicazione ‘a tempo più propizio’. Questo richiamo cronologico… smantella l’equivoca tesi dell’Action Française, la quale tendeva a mettere in opposizione Pio XI con Pio X. … Frattanto Pio XI dovette personalmente riesaminare tutta la questione, non avendo potuto procurarsi la posizione, smarrita durante lo sloggiamento degli archivi dell’Indice. Ma le sue conclusioni furono in tutto conformi a quelle del 1914. … Contrastò invece pietosamente l’atteggiamento di aperta insubordinazione assunto dagli esponenti del movimento… L’Action Française rispose con l’orgoglioso non pòssumus e si lanciò in una campagna di anticlericalismo velenoso. Seguirono allora condanne più gravi e più formali, sia da parte della S. Congregazione del S. Uffizio, concernenti il sistema dottrinale non solo del movimento ma anche del giornale stesso e delle leghe, sia da parte della S. Penitenzieria, circa l’interdetto e il rifiuto dell’assoluzione ai ribelli… Più tardi vi fu una lodevole resipiscenza. Fin dal 1938 gli esponenti del movimento si erano rivolti al Papa Pio XI per ottenere il ritiro della condanna. La supplica fu ripetuta, con leale ritrattazione e garanzie per l’avvenire, nel 1939, al Papa Pio XII, che l’accolse e l’esaudì. … Bisogna però tener ben presente che la misura di clemenza di Pio XII riguardo all’Action Française, dopo ripetuti atti di resipiscenza, concerne soltanto il giornale omonimo, lasciando sussistere la condanna delle opere del Maurras e del Daudet elencate nel libro dell’Indice” .
Pio XI spiega che ha condannato l’Action Française in quanto:
“è un pericolo… che tocca… la fede e la morale cattolica; i suoi princìpi riguardo alla morale cattolica, specialmente nei suoi rapporti necessari con la politica, che è subordinata alla morale, mostrano delle tracce di paganesimo e di naturalismo… negando tale subordinazione” (Roma, 5 settembre 1926). Nella seconda Lettera al card. Andrieux Pio XI scrisse: “Noi abbiamo finito là dove Pio X aveva cominciato. Pio X era troppo antimodernista per non condannare questa particolare specie di modernismo politico, dottrinario e pratico, col quale dobbiamo confrontarci… In questi ultimi tempi si è scoperta un’assenza assoluta di ogni giusta idea sull’autorità del Papa e della S. Sede e sulla sua competenza di giudicare, sulla sua estensione e sulle materie che le appartengono; un’assenza assoluta di ogni spirito di sottomissione; un’attitudine assai pronunciata di opposizione e di rivolta; un vero disprezzo della verità. Tutto ciò ha portato la misura al colmo e ci fa proscrivere il giornale l’Action Française, come Pio X ha proscritto la rivista bi-mensile dello stesso nome. Quanto ai libri di Charles Maurras, proscritti da Pio X, la proscrizione non perde nulla della sua forza… essendo intervenuto l’Index della S. Chiesa cattolica…” (Roma, 5 gennaio 1927).
Conclusione
Non si riesce dunque a capire quale siano le differenze di dottrina tra i tre Pontefici, quali gli errori teoretici di Leone XIII e Pio XI.
Mi sembra che chi avversa “da destra” la dottrina di Leone XIII e di Pio XI lo faccia per motivi accidentalmente diversi (monarchia e non democrazia come valore assoluto), ma sostanzialmente eguali a coloro che “da sinistra” rifiutano la dottrina politica di Pio X (la Chiesa non avrebbe potere sulle questioni di morale sociale o politica).
Invece la dottrina cattolica insegna
- che le forme di governo legittimo sono sia la monarchia che la democrazia classica e
- che la politica in quanto “virtù di prudenza applicata alla società civile” (Aristotele e san Tommaso d’Aquino) coincide con la morale sociale e quindi è oggetto di insegnamento da parte della Chiesa.
Fonte: d. Curzio Nitoglia
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