Iscrizione al bollettino settimanale

Il primato di Pietro nella visione di San Pio X

Fondamento metafisico e mistico dell’unità ecclesiale

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Nel pensiero teologico e pastorale di san Pio X (pontefice dal 1903 al 1914), il primato dell’Apostolo Pietro si configura come la suprema architrave dell’edificio ecclesiale, non soltanto nella sua dimensione giuridico-istituzionale, ma altresì come principio ontologico di coesione soprannaturale.


Il pontificato di san Pio X si staglia in un’epoca travagliata da correnti centrifughe che tentavano di dissolvere l’unità visibile della Chiesa in una concezione immanentistica della comunità cristiana. Contro tali derive, egli riaffermò con forza l’origine divina del primato petrino quale riflesso, nel tempo, di quell’unico governo di Cristo, capo invisibile, sulla sua Chiesa, corpo mistico e società perfetta. Per Papa Sarto, il primato di Pietro non è il mero risultato di una convenzione storica o di una evoluzione del sentimento ecclesiale: esso scaturisce, piuttosto, da una necessità intrinseca all’incarnazione stessa del Verbo, la quale non ha istituito una religione dissolta nell’individualismo soggettivo, bensì ha edificato una società visibile, gerarchica, dotata di potestà di insegnare, santificare e governare.


La pietra su cui Cristo volle fondare la sua Chiesa è, secondo la luminosa interpretazione di questo Pontefice, segno sensibile di una realtà invisibile: la stabilità indefettibile della fede e la comunione universale nella verità. Il successore di Pietro riceve, per divina istituzione, la pienezza della potestà giurisdizionale e la prerogativa dell’infallibilità quando, come pastore e dottore di tutti i cristiani, definisce in modo definitivo le verità da credersi.


San Pio X percepisce il primato come quel principio vitale che mantiene integra la medesima essenza del cattolicesimo. Senza questa potestà suprema, la Chiesa si disgregherebbe in una molteplicità di opinioni e di autorità concorrenti, privandosi della sua identità trascendente e della sua missione salvifica. È nel solco della Tradizione, che egli così potentemente difese contro il modernismo, che il primato di Pietro risplende come il sigillo dell’unità cattolica, non riducibile ad una semplice coesione amministrativa, bensì radicata nella comunione sacrale con la Sede Romana. Da essa si irradia la luce della verità e la forza ordinatrice che fa della Chiesa una società organica, immune da ogni tentazione di democratismo ecclesiologico.


Il magistero del Papa di Riese sul primato, culminante nell’enciclica "Pascendi Dominici Gregis" del 1907, si eleva a testimonianza del dovere del Romano Pontefice di custodire il deposito della fede contro gli assalti dell’errore. Qui si manifesta un aspetto profondamente mistico: l’ufficio petrino non è soltanto un potere giuridico, ma una partecipazione singolarissima alla missione stessa di Cristo, pastore eterno. Il Papa, nella concezione di san Pio X, è il vincolo visibile che lega le generazioni cristiane all’evento originario della Redenzione, il garante che la voce del Salvatore non venga confusa con il clamore dei falsi profeti. In questo senso, il primato petrino si radica in una concezione sacrale della storia, dove l’azione dello Spirito Santo si congiunge con la fermezza dell’istituzione apostolica.


San Pio X colse, più di altri, la portata metafisica di questa verità: se l’autorità del Vicario di Cristo viene relativizzata o dissolta in un consenso orizzontale, si perde la certezza stessa della rivelazione, ridotta a oggetto di interpretazioni contingenti. È nel primato di Pietro che si custodisce, come in uno scrigno, la promessa divina: "non praevalebunt". In questa prospettiva teologica e filosofica, la sua visione del papato si impone come un baluardo insormontabile contro l’erosione relativista e come la viva memoria dell’ordine soprannaturale che sostiene la Chiesa nel suo pellegrinaggio terreno.


Il primato petrino, per Giuseppe Sarto, non è, dunque, una prerogativa storica caduca, quanto la manifestazione di quella medesima carità ordinatrice che sgorga dal cuore trafitto del Redentore. È nella fedeltà a questa concezione alta e intransigente che si conserva la pienezza del mistero cattolico e la purezza dell’annuncio evangelico, che mai può essere ridotto a semplice opinione, ma rimane, per divina costituzione, l’unica verità che salva.

 

 

 


Fonte: Prof. Daniele Trabucco via Facebook.com

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