Iscrizione al bollettino settimanale

San Pio X ci ricorda come (e perché) si ama il Papa

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Sotto ogni pontificato i critici di un papato si dividono in tre grandi categorie. Ci sono i semplici realmente scandalizzati e confusi da qualcosa – di oggettivamente sbagliato o di percepito soggettivamente tale (ma i semplici sono pochi, eh: ce ne fossero, di persone semplici…). Ci sono i sempliciotti (attenzione a distinguere), che non sono cattivi ma hanno il gusto ineducato del grufolare tra letture sbagliate e agitate da cattivi spiriti (essi sono certamente la maggior parte).


Ci sono infine i maliziosi veri e propri (di norma sono pochi anch'essi), che di pontificato in pontificato si richiamano ai pontificati precedenti gettando discredito sul presente; essi sono coloro che erigono le tombe ai profeti che precedentemente hanno lapidato e sotto ogni Papa profondono grandi energie per non sottostare ad alcun Papa (il loro motto, in definitiva, è “non serviam”). Papa Sarto, che molti critici dei nostri giorni idolatrano, ci mostra un'altra via.


In un momento così buio, mentre la bianca veste di Pietro viene lordata dagli schizzi di fango e dal veleno di processi sommari celebrati da improvvisati tribunali del popolo mediatico, penso a san Pio X, il Papa simbolo della lotta antimodernista per il quale un certo giro cattolico tradizionalista nutre una venerazione che sconfina talora nell’adorazione.


Cosa avrebbe detto san Pio X di chi afferma di amare la Chiesa di Cristo mentre la sporca col fango del discredito? Perché non c’è dubbio che non può dire di amare la Chiesa chi non ama Pietro. «Credere nella Chiesa significa credere nel Papa», così ha scritto il Cardinale Newman (John Henry Newman, Lettera al duca di Norfolk, tr. it. San Paolo, 1999 (ed. or. 1874), p. 166).


Secondo papa Sarto il Romano Pontefice non va semplicemente ubbidito, giacché l’ubbidienza cristiana transita attraverso l’amore. Perciò il Papa va amato, come diceva nel 1912 rivolgendosi ai sacerdoti dell’Unione Apostolica, e attraverso l’amore per il Papa ci si santifica. «Amate il Papa!», esortava san Pio X. Per amare il Papa, proseguiva Pio X, è sufficiente riflettere sulla figura del Santo Padre, modellata su una autorità naturale come quella paterna:

Il Papa è il guardiano del dogma e della morale; è il depositario dei principi che formano onesta la famiglia, grandi le nazioni, sante le anime; è il consigliere dei principi e dei popoli; è il capo sotto del quale nessuno sentesi tiranneggiato, perché rappresenta Dio stesso; è il padre per eccellenza che in sé riunisce tutto che vi può essere di amorevole, di tenero, di divino.


Ma non si ama soltanto nel segreto dei cuori. Anche l’amore per il Papa ha necessità di manifestarsi visibilmente. E cioè, secondo le parole di Maritain, «se si ama la Chiesa si ama il Papa, non solamente in modo astratto ed inefficace, ma praticamente, come l’evidente immagine di Cristo in mezzo a noi. Se si ama il Papa non si è tentati di misconoscerlo, si ha fiducia in lui, si oltrepassano d’un colpo tutti gli intermediari umani per unirsi alle sue intenzioni apostoliche» (Jacques Maritain, Primato dello spirituale, tr. it. Logos, Roma 1980 (ed. or. 1927), p. 106).


Ecco si è rivolto Pio X, ai sacerdoti dell’Unione Apostolica in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione, 18 novembre 1912:

E come si deve amarlo il Papa? Non verbo neque lingua, sed opere et veritate. Quando si ama una persona si cerca di uniformarsi in tutto ai suoi pensieri, di eseguirne i voleri, di interpretarne i desideri. E se nostro Signor Gesù Cristo diceva di sé: si quis diligit me, sermonem meum servabit, così per dimostrare il nostro amore al Papa è necessario ubbidirgli. Perciò quando si ama il Papa, non si fanno discussioni intorno a quello che Egli dispone od esige, o fin dove debba giungere l’obbedienza, ed in quali cose si debba obbedire; quando si ama il Papa, non si dice che non ha parlato abbastanza chiaro, quasi che Egli fosse obbligato di ripetere all’orecchio d’ognuno quella volontà chiaramente espressa tante volte non solo a voce, ma con lettere ed altri pubblici documenti; non si mettono in dubbio i suoi ordini, adducendo il facile pretesto di chi non vuole ubbidire, che non è il Papa che comanda, ma quelli che lo circondano; non si limita il campo in cui Egli possa e debba esercitare la sua autorità; non si antepone alla autorità del Papa quella di altre persone per quanto dotte che dissentano dal Papa, le quali se sono dotte non sono sante, perché chi è santo non può dissentire dal Papa.


Parole esagerate, che valorizzano eccessivamente la funzione del papato pagando prezzo al clima ultramontanista dell’epoca? Forse. Ma mi chiedo quali parole rivolgerebbe oggi un redivivo san Pio X a quell’area tradizionalista che — coi suoi “dotti” in prima fila — ama un Pietro astratto ma non sembra amare affatto il Pietro vivente, concreto, in carne e ossa.


Non si tratta soltanto della contestazione sempre più aperta del suo insegnamento e della sua autorità. È qualcosa di più della semplice ribellione. Sempre Maritain ha parlato dell’idea-vampiro: l’idea che unisce nell’odio la carne e lo spirito legandoli come la carne e le ossa. Così uniti, l’idea e l’odio salgono dai bassifondi dell’anima per impadronirsi di tutto il soggetto umano (J. Maritain, La Chiesa del Cristo, tr. it. Morcelliana, Brescia 1972, pp. 186-187 e ss.).


Dal sottosuolo dell’inconscio animale, l’idea-vampiro arriva col suo veleno a investire l’anima umana per asservirla alla menzogna e a una malvagia volontà di annientamento. L’idea-vampiro racchiude in sé un cuore di tenebra, ed è tanto più subdola quanto più si ammanta dei panni della virtù religiosa — so di chi è arrivato a offrire a Dio le proprie mortificazioni per vedere distrutte le attuali gerarchie ecclesiastiche, come se il Dio cristiano fosse un Wotan qualunque, la divinità germanica votata alla distruzione.


In questa sorda ostilità verso Pietro, non ho più dubbi, rivive l’antico odio gnostico per l’Incarnazione. Infatti il sommo pontefice è, per dirla come Fabrice Hadjadj ne La fede dei demoni (tr. it. Marietti, Genova-Mlano 2010, p. 40):

la massima punta dell’Incarnazione, il contrappeso della materia a qualsiasi ideologia, ciò che spinge i fedeli a raccogliersi non soltanto intorno a una dottrina, ma anche intorno a un uomo con un volto e una storia, perché l’amore di Dio è indissociabile dall’amore del prossimo, e perché la voce di Cristo maestro deve ancora essere udita nella voce di questo magistrale prossimo.


Pietro, prossimo nostro, nell’ora più buia vogliamo stare al tuo fianco. Perché ubi Petrus, ibi Ecclesia.

 

 

 


Fonte: Emiliano Fumaneri in Aleteia

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