I Santi purificati da una grande tribolazione
In una delle grandi visioni riportate nel libro dell’Apocalisse, Giovanni contempla: “una moltitudine immensa” di uomini e donne, “avvolti in vesti candide”, che gridano pervasi di gioia: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello”.
Uno degli anziani, che stavano davanti al trono di Dio e all’Agnello, apre questo dialogo con Giovanni stesso: “«Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello»”.
Sono cioè i discepoli di Gesù che, nel battesimo, hanno ricevuto una veste nuova e l’hanno conservata candida e splendente fino al loro ingresso, attraverso la morte, nella Gerusalemme del cielo. Veste non di stoffa, ma spirituale. È l’abito delle virtù: della fede, della speranza e, specialmente, è l’abito della carità che lo Spirito Santo ha intessuto sulla loro persona, rendendoli, così, creature belle e nuove; rivestiti del suo stesso Amore.
Tale straordinario rinnovamento giunge però – si noti − solo al termine di un cammino assai impegnativo: “essi vengono dalla grande tribolazione”. È attraversando questa, infatti, che quei battezzati “hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello, rendendole candide”, come candide erano le vesti di Gesù trasfigurato sul Tabor.
La pandemia: tempo di tribolazione e di domande importanti
Noi pure, a nostra volta, continuiamo a trovarci dentro un’esperienza di tribolazione scatenata dal Covid-19, che ci ha colto di sorpresa e ci tiene ancora in allarme. Non si tratta della persecuzione o del martirio in cui si imbatterono i primi cristiani ma, ugualmente, di una dura prova che, in pochi giorni, ha sconvolto gli equilibri e le abitudini che ci davano sicurezza. Ci siamo trovati ad annaspare, disorientati come in un naufragio. Non è stata risparmiata neppure la Chiesa che ha subito, con non poca sofferenza, l’interruzione brusca di ogni forma di vita comunitaria come mai in passato era successo.
Non credo sia esagerato affermare che continuiamo a trovarci dentro “una grande tribolazione” che sta mettendo a dura prova la nostra serenità interiore, la spontaneità nei rapporti, gli equilibri dentro le famiglie, le garanzie lavorative ed economiche, ogni progetto e programma per il futuro. Tutto sembra essere diventato incerto, come dovessimo vivere alla giornata.
Questa pandemia tuttavia ha fatto venire a galla anche domande serie. Come non chiedersi infatti che cosa ci stesse succedendo, perché capitasse di morire in condizioni tanto desolanti, quali sicurezze restassero a cui aggrapparsi, cosa valesse veramente nella vita.
Sono interrogativi che ancora oggi condivido con tante persone, sentendoci tutti nella stessa fragile barca della vita, senza garanzie e né facili risposte.
Ma le domande che hanno toccato e toccano più in profondità la mia anima chiamano in causa Dio: come vede Dio, Padre misericordioso, questa pandemia? Perché la sta permettendo, cosicché noi dobbiamo attraversarla? Quale fine buono ha in serbo per me, per la Chiesa e per tutta l’umanità? (Continua ...)
dalla Lettera Pastorale dell’Arcivescovo di Udine per l’anno 2020/21
Fonte: Arcidiocesi di Udine