Il card. Merry del Val fu una nobilissima figura di ecclesiastico spagnolo-europeo tra Otto e Novecento.
Nato a Londra da una distinta famiglia cattolica, che contava tra i suoi avi il beato Domenichino del Val (martirizzato nel 1250), la sua carriera al servizio della Santa Sede, specie come Nunzio apostolico in Germania e Austria, ebbe come apice la responsabilità di Segretario di Stato dell’ultimo Pontefice a tutt’oggi canonizzato: Papa Pio X (ndr: l'articolo è del 11 aprile 2012).
Fin da subito, appena eletto al Sommo Pontificato il 4 agosto del 1903, Papa Sarto pensò di riformare la Chiesa, i seminari e la Curia romana all’insegna del suo noto motto pontificio: Instaurare omnia in Christo.
In quest’ottica precipua si comprende la nomina, a sorpresa, del giovane mons. del Val alla Segreteria di Stato e alla Prefettura del Palazzo Apostolico, oltre che a suo consigliere e segretario. La futura vita del cardinale spagnolo confermò ampiamente questo primato delle cose di Dio nella conduzione degli affari ecclesiastici, politici e diplomatici. Non è un caso infatti che San Pio X fu canonizzato, a furor di popolo da Pio XII nel 1954, né che la causa del Merry del Val fu aperta sotto il medesimo Pontefice nel 1953.
Il Pio X che qui ci offre il suo Segretario di Stato (cfr. Rafael Merry del Val, San Pio X. Un santo che ho conosciuto da vicino, Fede & Cultura, Verona 2012, pp. 75, € 10) non è però, quella del magnifico Pontefice che seppe guidare la Chiesa tra i perigli e le trappole che governi massonici ed ecclesiastici indegni (i modernisti) gli procurarono ad ogni varco. Ma si tratta soprattutto dell’uomo Giuseppe Melchiorre Sarto che, se fu Pontefice e nel modo più consapevole, fu anche Pastore a Mantova e Venezia, zelante sacerdote di periferia, e anzitutto umile contadinello di una cattolicissima famiglia veneta dell’Ottocento.
Dopo aver dichiarato che conobbe il futuro Pontefice il giorno prima dell’elezione pontificia, mentre la «giornata precedente era stata testimone dell’odioso veto portato dai politici austriaci contro il cardinale Rampolla» (p. 6), annota che il «carattere amabile di Pio X e la gentilezza del suo animo vengono indistintamente attestati da tutti coloro che ebbero qualche contatto con lui, mentre, con unanime ammirazione, si esalta dovunque la sua bontà» (p. 23). Tra i tanti, mons. Baudrillart scrisse che «Pio X fu il più soprannaturale degli uomini […]. Egli aveva la chiaroveggenza della rettitudine, quella chiaroveggenza che nessuna menzogna, nessun sofisma, nessuna ipocrisia riuscivano a ingannare […]. Giammai un pontefice fu più riformatore e più moderno di questo intrepido avversario degli errori del modernismo» (pp. 25-26). Altro che papa arroccato al passato, chiuso o “conservatore”.
Secondo il cardinal Mercier, arcivescovo di Malines e Primate del Belgio, «se alla nascita di Lutero e di Calvino la Chiesa avesse avuto un pontefice della tempra di Pio X, il protestantesimo sarebbe riuscito a distaccare dalla Chiesa il terzo dell’Europa cristiana ?» (p. 27). Evidentemente no. Quando il Pontefice ricevette i Vescovi francesi nel 1906, dopo la rottura del Concordato da parte della Repubblica massonica, tenne loro un discorso memorabile: «Vi raccomando […] abbiate: 1) Da uniformarvi allo spirito di Gesù Cristo […]. 2) Da ricordare che siamo nati alla guerra: non veni pacem mittere, sed gladium. 3) Da tener conto nel vostro giudizio dello spirito dei veri cattolici del vostro Paese» (p. 29). Altri intensi capitoletti parlano della sua vasta cultura ed eloquenza (c. 8), di Pio X e l’arte (c. 9), di Pio X e la musica (c. 10), della sua carità (c. 11), del Codice (c. 12), della sua umiltà (c. 13), della sua famiglia (c. 14) e della santa morte (c. 15).
Sulla musica liturgica e la partecipazione del popolo al bel canto, «uno dei suoi più fervidi desideri era promuovere il canto ‘collettivo’ per quanto fosse possibile, poiché lo riteneva molto istruttivo per ogni classe sociale […]. A questo proposito amava rilevare i risultati conseguiti nelle parrocchie in cui il popolo era stato ammaestrato a cantare in canto fermo le varie parti della Messa, i salmi e gli inni ai vesperi della domenica» (p. 48). Insomma un libretto formicolante di aneddoti e di inediti per tutti gli ammiratori del più grande Papa del ‘900. ()
Fonte: Fabrizio Cannone in Corrispondenza Romana
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