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Gli inediti sulla 'Segretariola' di Pio X

 

 

Pio X e la segretariola

Se mai qualche processo di conoscenza possa dirsi, nel corso della sua evoluzione, concluso, questo non potrà mai avvenire per la ricerca storico-archivistica, dato che essa, per sua natura, è così vasta da oltrepassare non soltanto il tempo della vita di un ricercatore, ma da sfuggire a qualsivoglia più scrupolosa indagine prolungata anche nel corso dei secoli.

Gli scritti dispersi negli archivi sono numerosissimi e la loro individuazione o la loro competente conoscenza non può mai dirsi esaustiva, dato che per un verso gli strumenti di ricerca che gli archivi offrono ai ricercatori sono sovente insufficienti o lacunosi, raramente precisi e completi; per altro verso gli archivi stessi (almeno i grandi archivi storici, eredi di una innumerevole quantità di carte) mantengono a lungo in «giacenza » (per così dire) fondi, spezzoni di serie, pacchi e buste di ogni genere, sulle quali, di tanto in tanto, oltre l’ordinario lavoro, volge lo sguardo e l’attenzione qualche solerte archivista. Senza contare che la periodica «apertura» alla consultazione di interi fondi ai ricercatori, precedentemente relegati nel cosiddetto «periodo chiuso» per giuste ragioni, consente evidentemente nuove acquisizioni. E non vogliamo parlare del fenomeno, niente affatto tramontato, del «revisionismo» storico, che da solo basterebbe a ritenere labile ogni traguardo di conoscenza del passato.

Si ha ragione perciò di credere che malgrado le più vaste e le più diligenti ricerche, sempre si potrà parlare di «inediti», i quali, come fosse qualche volta uno scherzo della storia, che mai si lascia svelare del tutto, appaiono di punto in bianco dagli archivi o dalle biblioteche e finiscono per costituire la gioia (ma anch’essa passeggera e di breve durata) dello «scopritore», quanto forse cagionano la rabbia di chi li aveva ricercati in precedenza con ogni più estenuante fatica.

Così capita anche per l’ambito barnabitico, tanto che — per fare un esempio — nello specifico del fenomeno modernista (che molto travagliò la Congregazione), nel breve volgere di poco più di un decennio noi torniamo a parlare per la quinta volta dalle pagine di questa rivista di inediti riguardanti taluni barnabiti travolti dalla «bufera modernistica».

L’occasione ci è data, appunto, dal recente nuovo ordinamento dell’Archivio particolare di Pio X (la cosiddetta Segretariola) dell’Archivio Segreto Vaticano, condotto da Alejandro M. Dieguez, che nel 2003 pubblicava un ottimo inventario del fondo, vera chiave per la ricerca storica fra quelle preziose buste (1).

Fra le carte che sono affiorate alla luce (e che in precedenza erano come dimenticate in uno dei tanti meandri dei Palazzi vaticani) vi sono anche documenti di sicuro interesse che, come preziosi tasselli, vengono ad aggiungersi e a connettersi con altri scritti particolari che già conoscevamo.

Oltre al fondo della Segretariola di Pio X abbiamo trovato interessanti documenti in alcune buste dello Spoglio del cardinale bergamasco Antonio Agliardi (1832-1915), versato all’Archivio Segreto Vaticano soltanto di recente (2).

Daremo conto dello spoglio del cardinale Agliardi, ma prima di tutto partiamo da una panoramica storica sulla segreteria particolare (molto particolare) di Pio X, chiamata (io non saprei dire se con accentuazione positiva o negativa) Segretariola o anche «Segreteria dall’alto», per distinguerla dalla «Segreteria dal basso», che era ovviamente la Segreteria di Stato vaticana (3), situata ai piani inferiori rispetto all’appartamento pontificio.

 

La «Segretariola» di Pio X

L’ultima vasta indagine delle fonti degli archivi vaticani relativi al pontificato di Pio X, condotta da Giovanni Vian, ha consentito allo Studioso di rilevare talune lacune e «stranezze» nelle serie di scritture poste in essere durante il pontificato di papa Sarto (4). Ciò soprattutto riguarderebbe il fondo della Segreteria di Stato, per il quale Vian osserva giustamente la mancanza delle cosiddette «buste separate», di cui peraltro si conosce a grandi linee il contenuto a partire dalle rubricelle del medesimo fondo (5). Ma sono state segnalate parimenti illogiche sistemazioni di scritture nei fondi della Concistoriale e della Congregazione degli Studi, così come — anche qui — talune mancanze.

Tali giusti rilievi, che valgono anche in riferimento ad altri pontificati, riescono quanto mai pertinenti per il pontificato di Pio X, che in taluni dicasteri curiali non nutriva affatto fiducia e per altri cercava, a suo modo, di sorpassarne le competenze, facendo periodiche eccezioni alla prassi con trattare egli personalmente gli affari o con derogare dalle regole invalse. Da ciò nasce buona parte del disordine in cui ancora oggi giace parte della documentazione di quel pontificato, divisa fra il grande fondo della Segreteria di Stato, lo Spoglio Pio X (Segr. Stato, Spoglio Pio X), il fondo Morte di Pontefici e Conclavi, gli spogli di diversi prelati e cardinali di curia vissuti sotto Pio X (Segr. Stato, Spogli di Cardinali e Officiali di Curia), le stesse carte dell’Archivio Particolare di Benedetto XV e in altre serie documentarie dell’Archivio Pontificio, delle quali ha fornito una buona illustrazione Josef Metzler, già Prefetto del medesimo Archivio, nel 1987 (6).

Il fondo archivistico della Segretariola (diremo così per comodità), che, dopo il recente riordino, è stato posto a disposizione dei ricercatori, raccoglie il materiale documentario trattato dai segretari particolari di Pio X durante gli undici anni e sedici giorni del suo pontificato (9.VIII.1903 ~ 20.VIII.1914).

Il fondo della Segretariola è formato da 235 buste e 13 volumi. Più in particolare si articola nelle seguenti serie:

  • Corrispondenza (1903-1914), 130 buste; è la serie più importante per consistenza e contenuto. All’interno sono conservati 10 voll. di Protocolli tenuti da mons. Gasoni per quasi tutto il pontificato (1905-1914) con 6 voll. di rubriche relative;
  • Benedizioni (1911-1914), 11 buste ca.; contiene documenti concernenti le richieste di benedizione (a volte di intercessione per ottenere guarigioni) provenienti da ecclesiastici e laici;
  • Prime comunioni (1910-1913), 2 buste; indirizzi di omaggio e richieste della benedizione papale per le prime comunioni dei bambini, caldeggiate dal decreto «Quam singulari» dell’8 agosto 1910;
  • Doni (1904-1914), 26 buste ca.; richieste di doni pontifici per lotterie di beneficenza e — dal 1908 (Giubileo sacerdotale del pontefice) — di arredi sacri per chiese povere, anche di missione;
  • Messe (1904-1914), 12 buste ca.; si conserva soltanto una rubrica per gli anni 1910-1911;
  • Sussidi (1904-1914), 12 buste ca.; abbiamo 7 rubriche compilate da mons. Pescini, incaricato di tale corrispondenza;
  • Appendice (1908-1915), 11 buste; carte dell’avvocato Giuseppe Fornari, incaricato da Pio X di coordinare i soccorsi ai danneggiati del terremoto siculo del 1908 (7 buste) e confermato in tale incarico da Benedetto XV per i disastrati del terremoto di Avezzano del 1915 (4 buste).

Talune segnature poste sugli originali di questo fondo consentono di dichiarare, accanto alla Segretariola, l’esistenza di un «Archivio riservato», di cui però non ci sono giunte le carte, almeno fino ad oggi. È però da notare che talune pratiche registrate al protocollo come rimesse all’Archivio riservato sono poi confluite nelle nostre buste.

 

Struttura e funzionamento della «Segretariola»

Se dobbiamo stare agli atti del processo di Beatificazione di Pio X (del resto confermati, almeno in gran parte, anche dai documenti del nostro fondo) si deve ritenere che questi istituisse una modesta ma attivissima struttura, parallela alla secolare e ben nota grande Segreteria di Stato, più che altro per poter sbrigare talune pratiche in tempi più veloci e in maniera meno formale.

Di tale avviso è mons. Giuseppe Pescini, uno dei principali reggitori della Segretariola, che al processo canonico di Beatificazione dichiarava: «Riguardo all’azione e al modo di procedere delle Congregazioni e degli altri Dicasteri ecclesiastici, egli già da vescovo aveva deplorato una eccessiva lentezza. Perciò da Papa più volte impartì ordini e disposizioni tendenti a snellire la burocrazia. Egli stesso poi cominciò a rispondere direttamente a lettere di Vescovi, usando talvolta aggiungere parole di commento a margine, oppure vergare dei rescritti a calce della lettera stessa. Noi di Segreteria, accorgendoci talvolta che le risposte avevano una certa importanza, facemmo notare che sarebbe stato opportuno far passare la cosa per la Congregazione competente, ma egli dava ordine di spedir subito la risposta, dicendo che altrimenti chissà quanto tempo si sarebbe perso. Allora ci limitavamo a protocollare noi stessi la pratica in un registro di Segreteria. Con questo non intendeva menomare l’autorità delle Congregazioni, ma soltanto provvedere con urgenza ad esigenze gravi» (7).

Se questo fosse il solo motivo per la creazione di una segreteria particolare, diversa e distinta dalla «Segreteria da basso» (come Pio X chiamava la Segreteria di Stato, dalla sua Terza Loggia in Vaticano), o se pure il pontefice seguisse in ciò anche altri intenti, non è agevole dire. Il nipote di Pio X, Ludovico Parolin, che durante il pontificato dello zio «veniva a Roma ogni anno e vi rimaneva una decina di giorni», pensava «che il Santo Padre abbia lasciato sorgere ed agire questa piccola Segreteria per il naturale bisogno che egli sentiva di familiarità, aliena al sussiego delle vie burocratiche» (8).

È difficile però non notare nell’allestimento della Segretariola e nell’indubbio e costante appoggio che le assicurò Pio X una certa diffidenza negli altri uffici curiali, come testimonia, fra altri, don Luigi Guanella (che sappiamo fosse di casa in Vaticano sotto Pio X), nelle cui memorie biografiche troviamo questo episodio, raccontato dallo stesso Guanella ai suoi confratelli romani: «L’anno scorso [1912] vide mons. Bianchi uscire dal Vaticano di buon mattino con un fascio di carte. Ne lo richiese, e mons. Bianchi rispose: Questo lavoro lo ha fatto tutto di sua mano il Papa stanotte, perché non ha persone di fiducia» (9).

Si può quantomeno osservare che il forte carattere del pontefice, al di là della esteriore ed anche interiore bontà d’animo e bonarietà, mirasse a poter agire di prima persona e sbrigare in breve tempo gli affari che più gli sembravano urgenti o bisognosi dell’autorevole intervento pontificio.

In altri casi però, diremmo di causae minores, poteva valere la paternità e l’animus pastorale di papa Sarto, come quando si metteva a rispondere di proprio pugno, facendo subito spedire la risposta tramite la Segretariola, a chierici, parroci, politici, semplici fedeli bisognosi di una parola di conforto, di una benedizione, di un obolo, di un incoraggiamento.

La nostra documentazione si bilancia fra interventi di severa e totale censura, con la minaccia delle più temibili pene canoniche, e la paterna vicinanza del Sommo Pontefice alle pene del vivere più modesto e nascosto.

La struttura della Segretariola era quanto mai familiare, com’è ovvio, e di assoluta confidenza del papa. Egli vi aveva chiamato a lavorare anzitutto il suo fedele segretario di Mantova, don Giovanni Bressan (Nogaré di Treviso, 29 novembre 1861-Vaticano, 2 luglio 1950), che lo aveva seguito a Venezia e quindi al conclave e che lo servì poi fedelmente per tutto il pontificato, di cui provò sulla sua persona gli effetti positivi, finché visse il papa, e quelli negativi e forse amari, dopo la di lui morte (10). Il Bressan era l’effettivo capo e coordinatore della Segretariola e aveva la firma per gli atti di ordinaria amministrazione (11).

Secondo collaboratore della nuova Segreteria fu mons. Francesco Gasoni (Pegognaga di Mantova, 2 aprile 1843 - Roma, 9 maggio 1926), sacerdote mantovano, fondatore del giornale cattolico «Il Vessillo» e direttore di quello che sarà poi «Il Cittadino» di Mantova, nominato Cameriere Segreto da Leone XIII nel 1878 e poi da Pio X suo Cappellano Segreto il 23 dicembre 1903 12. Il Gasoni venne convocato dal pontefice stesso, com’egli racconta: «Poco dopo la sua elezione mi fece chiamare per mezzo di mons. Bressan e lo trovai disteso sopra un sofà essendo sofferente di gotta. E con la solita affabilità mi disse: ‘Faccia la carità di assistere mons. Bressan nella Segreteria Particolare’. Quel giorno stesso presi possesso del mio ufficio e da allora mi ci recai ogni giorno per scrivere le lettere che egli passava in Segreteria» (13). Il Gasoni sarà poi confermato Cappellano Segreto da Benedetto XV (7 settembre 1914) e da Pio XI (9 febbraio 1922).

Poco dopo Bressan e Gasoni entrò nella Segretariola mons. Giuseppe Pescini (Venezia, 6 giugno 1875 - Roma, 9 febbraio 1950), familiare del patriarca Sarto a Venezia e suo Cappellano Segreto dal dicembre 1903 in Vaticano (14).

Ai tre precedenti ecclesiastici, di sicura fiducia per papa Sarto, si aggiunse ben presto don Attilio Bianchi (Fino Mornasco di Como, 1869 - Camaldoli, 23 marzo 1951), nipote di mons. Giovanni Battista Scalabrini, che dopo il suo servizio a Pio X, nel 1918 si ritirava, con il consenso di Benedetto XV, nell’eremo di Camaldoli dove condusse vita austera, abbracciando il duro regime dei cosiddetti «reclusi» (15).

Al Bressan e al Pescini il papa volle affiancare nella Segretariola, quasi subito, mons. Vincenzo Maria Ungherini († 26.VII.1927), «che già era stato addetto alla Segreteria privata di Leone XIII ed aveva molta esperienza in proposito» (16). All’Ungherini si deve l’elaborazione dei diversi protocolli della Segretariola e l’ideazione del metodo di archiviazione, non del tutto confacente e molto macchinoso.

Del funzionamento della Segretariola ci informa il suo capo, mons. Bressan, al processo di Beatificazione di Pio X:
«Il Servo di Dio, appena nominato Papa, costituì la Segreteria particolare. Era composta da me, mons. Pescini, mons. Gasoni, mons. Bianchi e mons. Ungherini. Questa era incaricata dello spoglio della corrispondenza, la quale veniva divisa secondo i rispettivi dicasteri e uffici a cui avrebbe dovuto rimettersi. La corrispondenza personale del Papa veniva da me raccolta e presentata entro una cartella. Alcune cose meno importanti le riferivo a voce. Le cose più gravi erano viste personalmente dal Papa, il quale sotto ciascuna lettera apponeva la sua mente e qualche volta giungeva a fare l’intera minuta. A volte, per affari gravissimi, mi consegnava la risposta chiusa in busta. Tutte le lettere in partenza, anche quelle mandate alle Congregazioni, venivano protocollate. Quelle personali del Papa, cioè nelle quali aveva comunque apposto le mani, avevano uno speciale protocollo presso mons. Gasoni. Mons. Pescini, coadiuvato da due suore, era incaricato della distribuzione di paramenti e vasi sacri, che sotto il pontificato del Servo di Dio fu larghissima. Io tenevo un registro speciale per le elargizioni in danaro. Ogni mese, tutte le pratiche venivano archiviate, distribuite per decadi. Inoltre, ogni mattina, verso le 11, io ricevevo le persone che volevano esprimere qualche desiderio al Papa (richieste di autografi, offerte di libri, ecc.). Di tutto poi rendevo conto al Santo Padre» (17).

Quanto riferito da Bressan veniva ribadito, quasi alla lettera, dal Pescini, che tornava a porre in luce l’assoluto controllo da parte del pontefice di tutta la corrispondenza e il suo lavoro notturno, di modo tale che alla mattina «restituiva le lettere con la sua mente espressa in iscritto e brevemente, per la risposta», volendo con ciò rigettare le critiche di chi — e fra questi vi era anche Giacomo Della Chiesa, futuro Benedetto XV (18) — sospettava qualche influsso sul papa da parte del gruppo ristretto dei suoi segretari: «Era perciò praticamente impossibile, — afferma ancora il Pescini — atteso il sistema, influire sulle decisioni del Papa o rispondere di proprio arbitrio, o mettere alcunché di proprio nelle risposte, giacché il Papa non ascoltava relazioni a voce, ma voleva tutto vedere di persona, e dare da sé, e in iscritto, la sostanza della risposta. Cade perciò la frequente insinuazione, ripetuta anche da personaggi assai qualificati, che la Segreteria Particolare portasse il Papa a dare risposte e indirizzi che egli da se stesso non avrebbe dato. Faccio notare che tutte le risposte della Segreteria erano diligentemente protocollate, con un sistema molto ordinato, suggerito da mons. Vincenzo M. Ungherini, stato già addetto alla Segreteria particolare di Leone XIII» (19).

I compiti all’interno della Segretariola erano sufficientemente ripartiti:

  • Bressan firmava le risposte della Segreteria Particolare, i rescritti pontifici e assegnava le offerte per le messe (tenendo un apposito registro di protocollo);
  • Pescini firmava le risposte della Segreteriola in mancanza di Bressan, redigeva le lettere in francese, protocollava i rescritti e assegnava paramenti e arredi sacri;
  • Gasoni era addetto al protocollo delle lettere trattate in qualche forma dal papa, di cui copiava in buona forma le minute o sviluppava la mens che il pontefice aveva espresso di proprio pugno su foglietti allegati agli originali medesimi;
  • Bianchi si occupava della redazione del protocollo generale della Segretariola, che per ora ci è sconosciuto;
  • non è ben chiaro di che cosa si occupasse l’Ungherini, anche se pare che a lui facessero capo i testi da tradurre in lingua latina.

Oltre al quotidiano servizio dei segretari particolari, la Segretariola ricorreva, secondo i casi, a «consultori» esterni, fra i quali era mons. Giacomo Della Chiesa, sostituto della Segreteria di Stato, nei cui pareri spicca il senso pratico, l’equilibrio e la saggezza diplomatica che si rivelerà alla sua ascesa al trono di Pietro, tanto che Pio X disse di lui in una occasione: «È gobbo, ma fila diritto» (20). Nel campo della musica sacra e della riforma preparata e poi promulgata da Pio X, si ricorreva al gesuita Angelo De Santi (21); per le traduzioni veniva interpellato mons. Ricardo Sanz de Samper, prelato colombiano con trascorsi in diplomazia (22).

L’archiviazione delle pratiche avveniva, in maniera difficile da comprendere, in quattro serie di registri di protocollo: quello della corrispondenza (tenuto da mons. Gasoni), quello dei rescritti (tenuto da mons. Bressan, ma non pervenuto), quello di altri rescritti (tenuto da mons. Pescini, non pervenuto), quello generale di spedizione (tenuto da mons. Bianchi, non pervenuto) (23).

È evidente che la Segretariola, con il passare del tempo, anche in ragione della sua vicinanza al pontefice, finisse per entrare nell’occhio del ciclone di recriminazioni curiali e non curiali. All’interno della curia — riferisce il canonico vaticano Guido Anichini — «correva voce da più parti che talvolta eccedesse un po’ nelle competenze, sia aggiungendo qualcosa di proprio alle direttive del Papa, sia invadendo la competenza degli ordinarii Dicasteri» (24). All’esterno della curia le impressioni non erano differenti, tanto che l’on. Giovanni Longiotti, ex deputato e sottosegretario di Stato italiano, nella sua deposizione al processo di Beatificazione di Pio X asseriva: «È nota l’attività strana, ma intensa, della cosiddetta ‘Segretariola’ del Papa Pio X. Da essa partivano lettere, anche a Vescovi, le quali criticavano opere e uomini, o davano direttive, con grave effetto alla periferia, improntate a criteri certo inferiori alla delicatezza del compito» (25). Perplessità analoghe manifestava il conte Giuseppe Della Torre, direttore de «L’Osservatore Romano» (26), il Maggiordomo dei Sacri Palazzi, mons. Ranuzzi de’ Bianchi (27), monsignor Rodolfi (28), il giornalista Guido Aureli (29) ed altri.

E tali voci o convinzioni erano così diffuse da giungere anche all’orecchio del papa, che ne faceva motivo di ironia in una sua lettera al conte Medolago Albani del 20 aprile 1912 in favore della scuola sociale, la cui minuta è conservata proprio nel fondo della Segretariola:

«Si studierà il modo di render pubblico il desiderio della S. Sede, magari con una lettera a qualcheduno di loro, se pur non diranno (come si usa adesso) che non rispecchia il volere del Papa, ma quello di Don Bressan o del guardiano dei giardini» (30).

Eppure, nonostante le smentite del pontefice, questa impressione di occulto o palese influsso di Bressan e della Segretariola su Pio X circolava anche in ambienti chiaramente conservatori o reazionari, com’era il circolo della «Corrispondenza di Roma» (elogiato palesemente da papa Sarto) guidato dal temibile Umberto Benigni. Un anonimo promemoria interno al fondo archivistico del Sodalizio Piano del Benigni, riporta questa immagine:

«Si hanno così in Vaticano due speciali segreterie: quella di Stato, che Pio X chiamava la secreteria da basso, e che tratta, o meglio dovrebbe trattare le grandi questioni, e la segreteria del Papa, detta la segretariola, che ha la mania di trattare le grandi questioni. Non di rado sorgono conflitti, anche se non aperti e stridenti, perché l’una segreteria cerca di persuadere il Papa alle sue mire particolari, e l’altra cerca di opporsi. Questi conflitti si manifestano spesso con lettere che sono scritte dal Bressan a questo e a quello, mentre tale ufficio dovrebbe spettare alla Segreteria di Stato. [...] Queste disuguaglianze non si manifestano soltanto nelle piccole cose. Così avviene che spesse volte, mentre per ragione politica, per necessità e per intuizione della Segreteria di Stato si segue una direttiva, dalla Segreteria privata del papa si cercherebbe di seguirne un’altra. Il contrasto è dimostrato da documenti che girano qua e là» (31).

Queste impressioni, suffragate più d’una volta da riscontri effettivi con le lettere firmate da Bressan, furono accolte dagli storici con certo favore, sicché — per citare soltanto due casi — sia il Bedeschi, sia più di recente l’Aubert, vi si soffermano con acute osservazioni (32).

 

Nuovi apporti storiografici dall’inventario della «Segretariola»

La visione diretta delle carte della Segretariola, che si sono inventariate attentamente e analiticamente, consente di precisare meglio talune questioni collegate all’azione dei segretari particolari di Pio X e più direttamente alla parte che egli stesso ebbe negli affari della Segretariola.

E per prima cosa dobbiamo in gran parte rovesciare il giudizio negativo circa le intromissioni o le pressioni che sarebbero state esercitate dal Bressan e dal suo gruppo di collaboratori sul pontefice. La fitta serie di corrispondenza oggi racchiusa entro 130 buste, conservata — come notava il Pescini, non senza ragione — con certo ordine, fa apparire in tutta la sua evidenza l’opera personale di Pio X nel disbrigo degli affari; la calligrafia di papa Sarto si riscontra quasi su ogni pratica, da quelle di maggiore a quelle di minore interesse. Il papa effettivamente controllava tutto e molto spesso chiudeva gli originali a lui pervenuti entro una piccola camicia sulla quale annotava la sua volontà, con brevi frasi, o scriveva addirittura le minute delle risposte.

È quindi nel vero mons. Bressan quando testimoniava che Pio X trattava personalmente i vari affari e «giungeva a stendere le minute» (33), come è nel vero mons. Gasoni quando asseriva che il papa scriveva interamente le minute «e le faceva firmare da mons. Bressan», sicché — è sempre il Gasoni che parla — di «nessun altro papa si potevano registrare tanti autografi quanto quelli del Servo di Dio» (34). Gli interventi di Bressan o di altri segretari nel disbrigo delle pratiche a questo punto avevano ben poco o nessun margine, dichiarando il pontefice di volta in volta la sua chiara volontà.

Ma è interessante notare come gli stessi appunti o le minute autografe erano redatte da Pio X in terza persona, ovvero a nome di mons. Bressan o, in sua assenza, di altro segretario. Il papa scrive di proprio pugno questa lettera a mons. Diomede Panici, Segretario della Congregazione dei Riti, in data 31 luglio 1907:

«Alla sacra Congregazione dei Riti.
Il Santo Padre desidera di conoscere al più presto quali Vescovi delle Provincie ecclesiastiche di Gorizia, di Zara e di Zagabria abbiano spedito a codesta Sacra Congregazione il catalogo dei luoghi che godono del privilegio della lingua glagolitica, Catalogo tante volte invano richiesto e ultimamente col Decreto 18 dicembre 1906, nel quale fu assegnato come ultimo limite il mese di luglio oggi spirante.
E colla massima osservanza.
Dal Vaticano li 31 luglio 1907. D’ordine di S. S., Don Giuseppe Pescini, Cappellano Segreto»
(35).

Stessa procedura usava il pontefice in affari di modesta o di massima importanza, compresi quelli della cruda e sofferta lotta antimodernista. Il papa redigeva le minute di risposta ai visitatori apostolici, ai presuli, ai sacerdoti, agli abati e monaci, ai politici o a chiunque si trovasse coinvolto nella «serpeggiante eresia». Così a mons. Mattei Gentili, arcivescovo di Perugia, in merito all’annoso caso del seminario diocesano, della docenza di Fracassini, della soppressione del quotidiano «Il Paese» (1907), ecc. Volendo mantenere Pio X la gerarchia del seminario di Belluno, toccata dal sospetto di aderenze modernistiche, e volendo disporre un certo riassetto in quella diocesi, agitata da polemiche fra il clero, il papa preparava di suo pugno questa minuta, diretta al rettore del seminario mons. Luigi Del Favero, a firma del solito Bressan (la lettera fu spedita sotto segreto del Santo Officio ed era volta a preparare, in gran segreto, un posto al futuro vescovo coadiutore Giuseppe Foschiani):

«Reverendissimo Monsignore.
Il S. Padre mi dà l’incarico di ringraziarLa per aver ascoltato il di lui consiglio e per aver continuato nell’officio di Rettore del Seminario. A tutto il resto sarà provveduto coll’aiuto del Signore al più presto. Anzi, abbia Ella la bontà di far preparare nel Seminario due stanze nelle quali possa avere conveniente dimora un personaggio che verrà tra breve a Belluno
(36). Ma di tutto conservi con tutti il segreto.
Riceva frattanto la benedizione che il S. P. Le impartisce di cuore e mi creda, suo dev.mo Don Bressan.
Li 14 novembre 1908»
(37).

Quando nel 1909 Romolo Murri fece l’ardito «salto» nelle elezioni politiche, passando al campo socialista, il papa preparò un comunicato riservato da spedire, sempre a firma di Bressan, ai cardinali di Venezia, Palermo, Milano, Pisa, Torino, Napoli e Capua, quindi agli arcivescovi di Firenze, Bologna, Ancona, Genova, Modena e ad altri presuli. Eccone il testo, in data 16 marzo 1909, interamente di mano di Pio X (riservato):

«Stasera l’Osservatore Romano pubblicherà un telegramma col quale il capitolo della Metropolitana di Fermo dichiara solennemente che tutto il clero della arcidiocesi prende parte al dolore del S. Padre per la inqualificabile condotta del Sac. Romolo Murri e per lo scandalo conseguente.
Sarebbe desiderabile che anche da altre diocesi venisse eguale protesta che sarebbe pubblicata nel giornale, a dimostrazione solenne che il Don Murri non ha aderenti fra il clero d’Italia.
Con osservanza, Don Bressan»
(38).

Chi ora trovasse negli archivi diocesani d’Italia queste lettere a firma di Bressan sarebbe giustamente convinto che si sia trattato di una iniziativa del potente segretario privato, mentre qui, come in moltissimi altri casi, il povero Bressan non prestava che il proprio nome al pontefice.

Ma Pio X, spendendo io credo giorno e notte attorno alla sua corrispondenza, in un legame ricercato e inscindibile con la sua Segretariola, giungeva anche al punto di preparare minute di risposte a nome di altri segretari, in assenza di Bressan, del tipo: «In assenza di mons. Bressan, ammalato, mi permetto segnalarLe che il Santo Padre ...». Dovendo rispondere — ancora a modo di esempio — ad una lettera-denuncia del camaldolese don Paolo Maria, dell’eremo Tuscolano (sopra Frascati), che aveva segnalata l’insubordinazione del confratello don Pier Damiano, priore dell’eremo di Rua (che ammetteva donne in clausura e ricoverava sacerdoti in odore di modernismo), il papa preparava di proprio pugno la minuta di risposta, nella quale trascriveva anche la lettera da lui inviata al confratello insubordinato, e concludeva, sempre in terza persona, a firma cioè del solito Bressan:

«Sua Santità confida che con questa intimazione sarà appianata la dolorosa vertenza e augurando a Lei e ai suoi compagni ogni bene imparte a tutti l’Apostolica Benedizione» (39).

Dai riscontri fin qui effettuati sulle pratiche sbrigate dalla Segretariola mi pare di poter concludere per un assoluto controllo del papa su tutti gli affari, e penso sia perciò da ridimensionare di molto il presunto ruolo di intromissione o di pressione di Bressan e dei suoi colleghi, i quali anzi finirono per assumere l’ingrato compito di coprire, con il loro nome e le loro firme, decisioni e provvedimenti deliberati da Pio X in persona, mantenendo quel segreto e quella riservatezza che ben si confaceva al loro ruolo, ma che inevitabilmente procurava loro sospetti d’ogni tipo. Non sarà un caso che dopo la morte di Pio X nessuno dei segretari particolari ebbe apprezzabili promozioni, ma tutti, a cominciare dallo stesso Bressan, ebbero soltanto un semplice canonicato.

 

La figura del pontefice

Sulla figura del papa, quale essa traspare da questa immediata documentazione, si possono evidenziare taluni aspetti: anzitutto la sua prodigiosa attività, segno di una forza fisica e mentale notevole e di una buona memoria, non disgiunte da un autocontrollo evidente, che poteva sfuggire a chi lo accostava e che sovente era vinto (non dirò celato) dalla esteriore bonarietà del tratto.

Rispondendo a mons. Paolo Carlo Origo, vescovo di Mantova, che chiedeva al pontefice se fossero state emanate nuove disposizioni per i rapporti dei vescovi con la Santa Sede, Pio X scriveva di proprio pugno:

«Non so poi capire a quali nuove disposizioni Ella accenni nella sua lettera pei rapporti dei Vescovi colla S. Sede, perché sono a disposizione non solo dei Vescovi, ma di tutti dalla mattina alla sera, sbrigando alla notte la corrispondenza. Venga dunque e sarà il bene accolto» (40).

Si noti qui una assoluta identificazione del papa con la Santa Sede, che qualche cosa deve pur dire.

È stata osservata ad abundantiam la bonarietà di papa Sarto, che nelle lettere più umili della Segretariola (in grandissimo numero) giunge a tratti di saggezza popolare; traggo qualche frase a modo di esempio:

  • «Anche per la Signora sarà bene consigliare l’antico proverbio: meglio un fringuello in mano che un tordo in frasca» (41);
  • a mons. Giovanni Battista Costa (di Propaganda Fide): «Il Santo Padre [ma è egli stesso che scrive] mi ordina di rispondere alla riverita sua del 21 corrente da Imola con queste parole: Non ti curar di loro, ma guarda e passa» (42);
  • ad altri scrive: «Per le chiacchiere poi il Santo Padre mi ordina di scriverLe a non preoccuparsi, perché se si ascoltassero i si dice o gli hanno detto, si farebbe niente al mondo» (43);
  • riguardo ad un certo diacono Alfredo Martelli, che si era rivolto al papa con un lungo memoriale, Pio X annota di suo pugno: «Ho fatto il sacrificio di leggere tutto questo sproloquio. Chi scrive è per lo meno uno squilibrato; ma è diacono e quindi si spedisca la esterna memoria per ordine del Santo Padre all’Em.mo Card. Svampa pei necessarii provvedimenti» (44).

Al processo di Beatificazione di papa Sarto si fece un gran parlare delle sue abitudini personali, e in particolare si volle appurare se egli beveva o fumava, concludendo naturalmente per la sua sobrietà (ad eccezion fatta di qualche teste). Ma appare dai nostri documenti qualche cosa di diverso. Si sa per certo che nell’agosto del 1906 furono spedite in Vaticano 25 bottiglie di Fernet Branca, e la nota ditta giustificava quel dono con la notizia, appresa da suor Pia Manzoni (che ne aveva avuto comunicazione dal fratello del papa) «come qualmente Sua Santità le mattine prenda qualche goccia di Fernet Branca»; il che faceva poi la fortuna ulteriore della Ditta produttrice del celebre amaro, che stampava una locandina con la dicitura, bene evidenziata, in lingua inglese; «Nessun altro Fernet è personalmente gradito dal Santo Padre. Siamo informati dal Vaticano che il Santo Padre tiene una bottiglia nella sua camera e ogni giorno beve un sorso del Fernet Branca (Nota dei Produttori)» (45).

Il parroco di Riese, don Pietro Settin, scriveva a Bressan nel dicembre del 1909: «Il Parroco di Campese m’ha fatto recapitare un chilo di tabacco stravecchio e finissimo per tutti i sensi. Questo è per il Santo Padre; domando mi sia indicato il modo sicuro per farglielo recapitare», e Pio X gli faceva rispondere: «Il tabacco lo faccia mettere per ora in bottiglia e lo manderà a mezzo di qualcheduno alla prima occasione» (46). E dire che il Beato don Orione rimproverava l’allora mons. Sarto, vescovo di Mantova, reo di aver permesso qualche volta al suo pupillo don Lorenzo Perosi di fumare (47)! Come si vede anche fra Santi si possono avere opinioni diverse sul tabacco («da naso», naturalmente, come si diceva allora).

È noto che durante il pontificato di Pio X, specie in seno a circoli cattolici intransigenti e antimodernisti, sia sorto un certo tentativo, neppur troppo velato, per circondare la figura del papa di un’aureola di santità, fino al punto da attribuirgli eventi prodigiosi, guarigioni, visioni, attorno alle quali cominciava a delinearsi una vena agiografica che si calava fino ai primi anni del fanciullo di Riese. È notevole, a questo proposito, che lo stesso pontefice (ancora a firma di Bressan), quasi con fastidio, leggendo tali ingenui e goffi tentativi di esaltazione, si premurasse di smentirli, come quando consigliò certamente il Gasoni e il Bressan a raddrizzare le storpiature di un discorso celebrativo per il suo cinquantesimo di sacerdozio tenuto dal canonico Joseph Léman, canonico di Lione, fatto stampare e a lui offerto:

«Siccome pare che tutti si dilettino — faceva scrivere al Gasoni e firmare dal Bressan nel 1908 — nel produrre aneddoti che, per quanto onorifici, fanno onta alla verità, ...»; «Riese, terra nativa del Santo Padre, non è nella Lombardia ma in una ampia pianura del Veneto. Non è storicamente indiscutibile che il giovanetto Giuseppe Sarto lungo la strada si levasse le scarpe; può darsi che qualche volta lo abbia fatto, ma così per vezzo, come sogliono i ragazzi, senza pensare affatto al risparmio de’ suoi genitori. Il santuario della SS.ma Vergine è bensì nel territorio di Riese, ma dalla parte opposta alla via che mena a Castelfranco. Non sussiste poi il fatto del materasso portato all’infermo» (48).


In molti altri casi, specie fra le carte della corrispondenza più umile e minuta, il papa si dimostra molto comprensivo delle sofferenze dei semplici e dei bisogni materiali delle famiglie povere. È notevole la carità compiuta dal papa e documentata dalle carte della Segretariola.

 

 


Note:

  1. Alejandro M. DIEGUEZ, L’archivio particolare di Pio X. Cenni storici e inventario, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano 2003 [Collectanea Archivi Vaticani, 51].
  2. Alle novità di questi due fondi si aggiungono numerosi documenti dell’ex Sant’Ufficio, il cui archivio, aperto alla consultazione il 22 gennaio 1998, conserva infatti diverse carte relative soprattutto ai barnabiti Ghignoni e Semeria; abbiamo già un nutrito elenco di segnature e ci ripromettiamo di preparare, a Dio piacendo, un nuovo saggio per questa rivista.
  3. Una sommaria descrizione del fondo di cui ci occupiamo è stata da me pubblicata in L’Archivio particolare di Pio X all’Archivio Segreto Vaticano, in Pio X e il suo tempo, a cura di Gianni La Bella, Bologna, Il Mulino 2003, pp. 153-182; ormai però essa è sorpassata (o se si vuole integrata) dal recente volume curato dal Dieguez, già citato.
  4. Cfr. Giovanni VIAN, La riforma della Chiesa per la restaurazione cristiana della società. Le visite apostoliche delle diocesi e dei seminari d’Italia promosse durante il pontificato di Pio X (1903-1914), Roma, Herder 1998 [Italia Sacra, 58, 59].
  5. Ibid., I, pp. 24-25.
  6. Cfr. Josef METZLER, Fonti nell’Archivio Vaticano per il pontificato di Pio X, in Pio X. Un papa e il suo tempo, a cura di Gianpaolo Romanato, Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline 1987, pp. 291-294.
  7. Cfr. Romana. Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii Papae X: Positio super virtutibus, Romae, Typis Polyglottis Vaticanis 1949, p. 150.
  8. Cfr. Disquisitio circa quasdam obiectiones modum agendi Servi Dei respicientes in modernismi debellatione una cum Summario additionali ex officio compilato, Romae, Typis Polyglottis Vaticanis 1950, p. 51.
  9. Cfr. Leonardo MAZZUCCHI, Fragmenta vitae et dictorum sac. Aloysii Guanella, ms. dell’Archivio dei Guanelliani di Como, VII, a 2, f. 18; devo questa segnalazione alla cortesia del Dott. Alejandro Dieguez, che qui ringrazio.
  10. Giovanni Bressan aveva conosciuto Giuseppe Sarto mentre frequentava il seminario di Treviso e gli fu a fianco dal 1885. Dopo l’elezione del Sarto a pontefice il Bressan fu nominato cappellano Segreto Caudatario e Segretario Particolare il 6 agosto 1903; divenne poi Protonotario Apostolico Soprannumerario il 26 maggio 1904. Dopo la morte del papa fu annoverato fra i Maestri delle Cerimonie Pontificie e, in quanto tale, fra i Consultori per la Sacra Liturgia alla Congregazione dei Riti. Ebbe anche l’incarico di Segretario della commissione cardinalizia per l’Opera della Preservazione della Fede; su mons. Bressan si vedano La Gerarchia Cattolica, 1904, p. 410; Annuario Pontificio, 1920, pp. 306, 666; L’Osservatore Romano [OR] del 3-4 luglio 1950; ma soprattutto la citata Positio Pii Papae X, pp. 25 e segg., 53 e segg. e i cenni necrologici in Lutto nel clero. Mons. Giovanni Bressan, in «La Voce di San Marco», 5, nº 27 (8 luglio 1950), p. 2; cfr. inoltre DIEGUEZ, L’Archivio particolare, pp. VII-VIII.
  11. Così disse mons. Pescini al processo di Beatificazione: «Noi quattro [Bressan, Gasoni, Bianchi, Pescini], dunque, formammo la Segreteria particolare del Papa, sotto la direzione di mons. Bressan, che aveva la firma» (cfr. Disquisitio, p. 42).
  12. Notizie sul Gasoni in Positio Pii Papae X, pp. 252 e segg.; Annuaire Pontifical catholique [APC], 1927, p. 897; OR, 10-11 maggio 1926; DIEGUEZ, L’Archivio particolare, pp. IX-X.
  13. Positio Pii Papae X, p. 252.
  14. Brevi note biografiche sul Pescini in Positio Pii Papae X, pp. 125 e segg., 138-148, 150, 159, 173, 178, 182; OR, 11 febbraio 1950, p. 3; DIEGUEZ, L’Archivio particolare, pp. VIII-IX.
  15. Notizie sul Bianchi in «La Divina Provvidenza», an. 1951, pp. 83 e segg.; Comen. seu Mediolanen. Beatificationis et canonizationis Servi Dei Aloysii Guanella Sacerdotis et Fundatoris Congregationis Servorum a Charitate et Filiarum S. Mariae de Providentia, Romae, Typ. Guerra et Belli 1950, Summarium, p. 477; ASV, Palazzo Ap., Titoli VI, art. 48, fasc. 9; DIEGUEZ, L’Archivio particolare, pp. X-XI.
  16. Questo quanto si ricava dalla testimonianza del cardinale Merry Del Val al processo di Beatificazione di Pio X (cfr. Positio Pii Papae X, p. 325). L’Ungherini divenne poi, dopo la morte di Pio X, canonico di S. Maria in Trastevere, ma sulla sua figura scarseggiano le notizie; cfr. DIEGUEZ, L’Archivio particolare, pp. XI-XII.
  17. Cfr. Disquisitio, p. 16.
  18. Tanto è scritto nel diario del card. Cassetta (BAV, Vat. lat. 14683, p. 39), cit. in Carlo SNIDER, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, II, Vicenza, Neri Pozza 1982, p. 335, nota 56.
  19. Disquisitio, p. 42.
  20. Si veda la testimonianza del canonico Giovanni Battista Parolin in Positio Pii Papae X, p. 292.
  21. Angelo De Santi era relatore della Commissione Pontificia per l’edizione vaticana dei libri liturgici gregoriani. Al De Santi la Segreteria chiedeva sovente parere sulle pubblicazioni musicali inviate in omaggio al papa e sulle udienze chieste da musicisti (sul De Santi si veda la voce curata da A. Bartocci in «Dizionario biografico degli italiani» [DBI], 39, pp. 327-329).
  22. Cfr. Positio Pii Papae X, p. 182.
  23. Per questi aspetti e per altre questioni archivistiche e di descrizione dei documenti rinvio senz’altro a DIEGUEZ, L’Archivio particolare, pp. XIV-XXXII.
  24. Cfr. Disquisitio, p. 18.
  25. Cfr. ibid., p. 23.
  26. Cfr. ibid., p. 25.
  27. Cfr. Positio Pii Papae X, p. 272.
  28. ASV, Segr. Stato, an. 1915, rubr. 162, fasc. 3, f. 42r, cit. in Giovanni AZZOLIN, Gli Scotton. Prediche, battaglie, imboscate. Tre fratelli monsignori, papi, cardinali e vescovi tra liberalismo e modernismo dall’Unità d’Italia al primo Novecento, Vicenza, La Serenissima 1998, p. 253, nota 197.
  29. Cfr. Disquisitio, p. 28.
  30. ASV, Arch. part. Pio X, b. 124/B, prot. 342 (20 aprile 1912).
  31. ASV, Fondo Benigni, 47, f. 58.
  32. Cfr. Lorenzo BEDESCHI, La Curia Romana durante la crisi modernista. Episodi e metodi di governo, Parma, Grafiche Tamari 1968, pp. 93, 157; Roger AUBERT, Pio X tra restaurazione e riforma, in Augustin FLICHE-Victor MARTIN, Storia della Chiesa, vol. XXII/1. La Chiesa e la società industriale (1878-1922), Cinisello Balsamo, Edizioni Paoline 1992, p. 143.
  33. Cfr. Disquisitio, p. 17.
  34. Cfr. Positio Pii Papae X, p. 253.
  35. ASV, Arch. part. Pio X, b. 37 (31 luglio 1907).
  36. Tale personaggio era mons. Giuseppe Foschiani che Pio X aveva deciso di inviare come coadiutore con diritto di successione, nella diocesi di Feltre-Belluno, a mons. Francesco Cherubin (il Foschiani veniva infatti nominato coadiutore il 24 ottobre 1908 e successe poi al Cherubin il 2 luglio 1910).
  37. ASV, Arch. part. Pio X, b. 54, prot. 1200 (14 novembre 1908).
  38. Ivi, b. 58 (16 marzo 1909).
  39. Ivi, b. 71, prot. 1224 (28 ottobre 1908, conservata nel prot. 379 del 19 aprile 1910).
  40. Ivi, b. 66, prot. 1081 (10 novembre 1909).
  41. Ivi, b. 11, prot. 597 (13 maggio 1905).
  42. Ivi, b. 12 (23 giugno 1905).
  43. Ivi, b. 13 (7 luglio 1905).
  44. Ivi, b. 14 (14 agosto 1905).
  45. Ivi, b. 26 (agosto 1906).
  46. Ivi, b. 67 (16 dicembre 1909).
  47. Cfr. L’epistolario «vaticano» di Lorenzo Perosi (1867-1956), a cura di Sergio Pagano, Genova, Marietti 1997, p. 320, nota 630.
  48. ASV, Arch. part. Pio X, b. 51 (15 agosto 1908).
  49. Si veda la panoramica tracciata da Giovanni Scalese, Il rosminianesimo nell’Ordine dei barnabiti, in «Barnabiti studi», 7 (1990), pp. 67-136; 8 (1991), pp. 55-148.

 

 


Fonte: Sergio M. Pagano in Barnabiti.net

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