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Giovanni XXIII sul ritorno delle spoglie di Pio X a Venezia

 

 

ESORTAZIONE APOSTOLICA A QUARANTACINQUE ANNI
DEL SANTO PADRE GIOVANNI XIII
all'Episcopato e al Clero delle Venezie, raccolti intorno alle spoglie di S. Pio X

Papa Giovanni XXIII

Diletti figli,

A quarantacinque anni dal suo dies natalis alla patria celeste, Pio X è tornato per brevi giorni a Venezia, alla sua terra natale, al campo del suo apostolato, in mezzo alla sua gente umile e generosa, che gli restò sempre nel cuore, anche tra le cure e gli affanni della altissima dignità pontificale.

Questo glorioso passaggio delle sue Spoglie mortali, Noi desiderammo dì vederlo compiersi fin dal 1954: e lo affrettammo non appena fummo chiamati alla seconda successione di Lui sulla Cattedra di Pietro. Al di là di ogni attesa più felice, eccoci dinnanzi ad un trionfo — oh! quale trionfo — di popolo, acclamante il figlio e padre suo, la gloria sua più fulgente dei tempi moderni e l'inclito Patrono, e con tale intensità di fervore da farCi sperare edificantissimi frutti di interiore rinnovamento per molte anime.

In questo istante Noi contempliamo con gli occhi del cuore voi, diletti figli, convenuti in S. Marco, con i vostri venerabili Vescovi, da tutti i punti delle Tre Venezie: e con voi Ci appressiamo all'urna benedetta, deposta sotto la cupola grande della Basilica d'Oro, in faccia all'altare dell'Evangelista San Marco: non lungi dalla Nicopeja veneratissima, e presso quello storico ambone, da cui si effuse l'insegnamento robusto e chiaro del Patriarca Sarto, e la dolcezza del suo eloquio, che Noi, giovanetto quindicenne, udimmo con i Nostri orecchi a Sant'Alessandro in Colonna a Bergamo.

É ben naturale che clero e popolo, ma i sacerdoti innanzitutto, si domandino che cosa porti di nuovo Pio X, in questo suo ritorno a Venezia, dopo quasi mezzo secolo dalla sua dipartita: quali utili richiami egli ci rechi per la interezza della vita ecclesiastica, determinata dalle circostanze odierne. La maestà della morte e la conclamata celeste glorificazione conferiscono una significazione speciale all'insegnamento di questo grande, di questo Santo insigne.

Pur tenendo conto delle variazioni delle età, che nel loro succedersi turbinoso ripetono i pregi e i difetti di ogni tempo: — giovani che subiscono il fascino delle novità e del passare innanzi agli anziani, talora con qualche presunzione: uomini maturi tentati di scegliere ciò che corrisponde alle proprie comodità, più che al bene comune e generale — gli impegni del sacerdote sono pur molti e gravi, e si impongono alla attenzione ed alla coscienza di ciascuno. Pio X, tornato in mezzo ai suoi, a quelli che per sacra Ordinazione gli sono più particolarmente vicini, richiama solennemente tre punti di vita sacerdotale, specialmente interessanti in ogni epoca della storia: la luminosa sopravvivenza così accentuata, il fascino — di cui siamo testimoni — che esercita sulle anime e sulle collettività cattoliche di tutto il mondo, Ci fanno ripensare alla dignità sacerdotale, all'amore alla Santa Chiesa e alla saggezza umana e cristiana che specialmente si addice al vivere nostro, chiamati come siamo: lumen mundi, sal terrae.

Sono tre elementi di primissimo ordine per la edificazione della nostra vita, cari sacerdoti, per la efficacia del vostro ministero: tre moniti di questo sacerdos magnus Dei excelsi, sacerdote sommo dell'Altissimo, reso oggetto di così spontaneo amore popolare, e proposto alla imitazione di tutti.

Al di fuori e al di sopra degli aneddoti e degli sprazzi di bonomia, che ripetuti e alterati potevano impicciolire la sua statura di uomo, di ecclesiastico distinto e di pastore di anime, Pio X appare nelle linee caratteristiche sue, diremmo più sacre e più severe, temperate peraltro da quel senso di grande comprensione, così trasparente dal suo sorriso e dalla sua calda parola.

 

I. DIGNITÀ SACERDOTALE

L'autore della Imitazione di Cristo, nel IV libro, capo 5, definisce con un tratto ineffabile la caratteristica grandezza del sacerdote in faccia al cielo e alla terra: « Grande ministerium et magna dignitas sacerdotum, quibus datum est quod Angelis ipsis non est concessum ».

Ministero di grazia dunque, privilegio singolare!

Questa dignità è insita al fatto stesso della vocazione. Via via si definisce con la vestizione clericale, con il conferimento della tonsura, nella ascesa agli Ordini Sacri, nella missio canonica, che è tutto un poema di rispetto e di amore della Santa Chiesa per le anime, e di fiducia nei suoi sacerdoti.

Il Concilio di Trento, nelle cui sessioni passò sensibilissima la esigenza di un perfetto adeguamento del sacerdote ai suoi altissimi doveri, sta a rammentare, con parola severa e penetrante, ciò che più volte Ci permettemmo di sussurrare, quasi in preghiera, ai seminaristi e ai sacerdoti della Nostra cara Venezia. Le parole alte e gravissime del Concilio di Trento [1]: « Sic decet omnino clericos in sortem Domini vocatos ut habitu, gestu, incessu, sermone nihil nisi grave, moderatum ac religione plenum praeseferant ». Sono espressioni precise e degne di essere tenute a mente e ripetute come il Gloria Patri del Breviario.

Il popolo cristiano, nonostante il variare dei gusti e l'affievolirsi dell'antico spirito di raccoglimento attorno alla parrocchia, vuole ancora e sempre il sacerdote degno, illuminato, amabile, santo.

Purtroppo la polvere della mondanità sembra tutto confondere e tutti avvolgere. Ma la esigenza della ecclesiastica dignità resta intatta nella opinione generale e nelle intimità più riposte dei cuori, perfino nei fanciulli.

Il sacerdote se è vivo come fuoco, e perciò luminoso, puro, ardente, vale tutto: altrimenti conta un bel poco, anche nella considerazione di coloro che momentaneamente hanno disertato la pratica religiosa.

La « Haerent animo » di S. Pio X — che nel cinquantesimo della sua acclamata apparizione rimeditammo il 18 settembre dell'anno scorso nella celebrazione del centenario del sacerdozio a Castelfranco — sgorgò dal cuore infuocato di Pio X, proprio come un gemito paterno, per richiamare il clero, diocesano e regolare di tutto il mondo, alla vita interiore più intensa ed alla santificazione.

Cari sacerdoti! Se Pio X è penetrato nella coscienza dei popoli, se tuttora la scuote, se la Chiesa docente attinge anche oggi al suo magistero, ciò è dovuto al fatto che egli sentì, visse e gustò questa altissima dignità, e vi si conformò senza sforzo e con naturalezza in ogni circostanza della sua vita, da cappellano cooperatore fino a Pontefice Sommo.

Prima ed accanto ad ogni altra preoccupazione di desiderabili ed opportuni aggiornamenti pastorali, e di applicazione di nuove risorse per accostare le varie categorie di fedeli, abbiate cura precipua della vostra anima. Ve lo diciamo con tutta semplicità e familiarità paterna.

L'anima pura e ardente di un prete è mistero di luce, di grazia e di amore. Gli Angeli del Cielo l'ammirano e vedono in essa il riflesso della Maestà divina.

Felice il sacerdote che adempie con fedele cura i quotidiani doveri della preghiera: che ama il raccoglimento del tempio e della casa : che attinge la sostanza viva della sua predicazione dal Libro Sacro: che nei giudizi, nelle parole, nel tratto si uniforma agli esempi di Nostro Signore, della Madre sua e dei Santi: che non nutre eccessiva fiducia nelle risorse umane. Poiché la santità gli è necessaria per la salvezza dell'anima sua e per l'efficacia del suo apostolato, ogni sacerdote deve avere la massima cura di accostarsi al Sacramento della Penitenza e servirsi di tutti quei sussidi che la esperienza suggerisce e la Chiesa approva.

« Si ergo sacerdos omnibus virtutibus fuerit ornatus, tune est quasi -optimum sal, et totus populus de illo conditur, magis videndo eum quam audiendo. Nam prima doctrina est videre bonum, secunda autem .erudire » [2].

 

II. LA CHIESA

Le situazioni mutano, ma le difficoltà frapposte alla Chiesa nel compimento della sua divina missione non mancano mai.

A chi se ne meraviglia, a chi troppo ingenuamente confida in un'alba di assoluto riposo terreno e di facili conquiste, Noi rammentiamo le pagine di sangue e di gloria scritte dai Martiri e dai Dottori sempre alla difesa ed all'onore del deposito sacro affidato da Cristo alla sua Chiesa.

La Chiesa dei tempi di Pio X stette al posto suo con finezza e fierezza.
Taluni forzarono la porta, purtroppo: altri riuscirono ad imprese clamorose e dolorose. Ma su quel clamore si distesero poi le ombre della notte.

Pio X, mite ed umile di cuore, non piegò alla violenza dei potenti della terra né alle lusinghe dei dialettici delle varie scuole. E lasciò l'esempio preclaro del suo strenuo amore al Libro Sacro ed alle sorgenti della grazia.

A chi, definendolo « un povero parroco delle campagne venete », lo immaginò quasi confuso e sperduto nella immensità dei compiti pontificali, egli diede la misura altissima della sua chiaroveggenza di Maestro e di Pastore universale, soprattutto per alcuni atti, tra i più segnalati del suo governo: La creazione dell'Istituto Biblico, la preparazione del Codice di Diritto Canonico, la riorganizzazione delle Congregazioni Romane: l'invito alla Comunione frequente degli adulti ed alla Comunione ai fanciulli in tenera età, per la custodia dell'innocenza e dei buoni costumi: il ripudio di avvedutezze meramente politiche come mezzo di difesa del ceto ecclesiastico, e degli inalienabili diritti della verità rivelata e della libertà delle anime.

Diletti sacerdoti! La struttura interiore della Chiesa è forza che le viene dalla persuasione di dover restare fedele alla missione affidatale dal suo divino Fondatore, senza tema di apparire o di venire talora giudicata severa o troppo prudente.

Questa Chiesa, che non ha bisogno di alcuno, si affida a tutti i suoi figli.

Come istituzione divina essa rappresenta quanto di più sicuro e confidente si può immaginare per la salvezza dell'uomo, ma altresì nell'ordine delle relazioni umane e dell'avviamento a risolvere ciò che preoccupa ai fini del quotidiano sostentamento, della pace sociale, e della collaborazione fra i popoli.

Tenendo sotto gli occhi le pagine più luminose della storia di tutti i secoli, si può ben ritenere che il Concilio Ecumenico — per il cui annunzio ascoltammo una ispirazione, della cui spontaneità sentimmo, nella umiltà della Nostra anima, come un tocco improvviso e inatteso — stia già preparando, nelle intimità episcopali e sacerdotali, il buon proposito di ciascun ecclesiastico, un desiderio più ansioso di dilatare gli spazi della carità e di rimanere al posto suo con chiarezza di pensiero e con grandezza di cuore.

Preghiamo ed auguriamo che il Concilio rinnovi innanzi tutto lo spettacolo degli Apostoli radunati in Gerusalemme, dopo l'Ascensione di Gesù al Cielo: unanimità di pensiero e di preghiera con Pietro e attorno a Pietro, Pastore degli agnelli e delle pecore: offerta di energie che si ritemprano, che si rinnovano per la ricerca di ciò che potrà meglio corrispondere alle odierne esigenze dell'apostolato.

La figura di S. Pio X, invocato anche lui celeste protettore del Concilio Ecumenico, si stacca dai fatti e dalle circostanze che ai suoi tempi originarono giudizi avventati e interessati, e rende più suadente il richiamo a non cercare vie peregrine per la salvezza dell'uomo e per la difesa dei suoi diritti, e a non immaginare facili divagazioni che possano surrogare ciò che affonda le sue radici nella essenza stessa delle istituzioni più solide, ed ha il valore dell'esperienza secolare. E cioè: in Oriente il riavvicinamento prima, il riaccostamento poi e la riunione perfetta di tanti fratelli separati coll'antica Madre comune: e in Occidente la generosa collaborazione pastorale dei due cleri, sotto lo sguardo e la direzione del Vescovo, che è il Pastore di tutte le pecorelle.

 

III. SAGGEZZA UMANA E CRISTIANA

L'episodio di S. Pio X — Noi lo vedemmo coi Nostri occhi — che nel giorno della sua Incoronazione apparve contrariato dalle acclamazioni della folla, è indicativo della sua mentalità e del suo carattere.

Egli amava la gente e ne compativa le esuberanze: poi vi si adattò volentieri. Ma quella testa piegata in avanti, quel gesto lento e breve della benedizione, quegli occhi arrossati di pianto, quel sorriso che tardava a venire, rimasero nella memoria di quanti ebbero la sorte di assistere a quella cerimonia del 9 agosto 1903, ad indicare la disciplina interiore di quel sacerdote Veneto, la cui bonomia fu presto da tutti compresa nel suo esatto significato.

In tutto, il prete deve portare un senso di misura, ili garbo, di cordiale cortesia. Voi Ci comprendete. I fedeli non amano vedervi immersi negli affari terreni, quasi doveste risolvere tutto nello spazio di una generazione : e non apprezzano il sacerdote che si dimostra troppo caloroso o parziale. Conviene saper portare dappertutto e con grande dignità l'abito talare, nobile e distinto: immagine della tunica di Cristo: Christus sacerdotum tunica, segno splendente della veste interiore della grazia.

In diebus iracundiae sapersi controllare è merito grande, così che gli amici trovino in voi i moderatori delle passioni anche generose; e gli avversari, qualora ne incontraste, possano sempre giudicarvi galantuomini a tutta prova. Diletti figli! Il mondo subisce ancora, subisce sempre il fascino della bontà e della santità. Voi ne siete testimoni in questi giorni di presenza di Pio X a Venezia.

Perchè il popolo invoca questo Santo? Perchè lo cerca? Perchè lo ama? La risposta è facile. Ci fu in Lui la congiunzione mirabile di quelle doti positive che sono proprie e caratteristiche di ciascuna classe sociale. Limpido come lo sono i figli della campagna; franco e robusto come gli operai delle nostre officine; paziente come gli uomini del mare; misurato come il pastore del gregge; nobile ed austero come i discendenti delle più grandi famiglie; affabile e giusto come un maestro, un magistrato; buono e generoso come si immaginano e sono i Santi.

Vogliamo tutti insistere in questa ricerca ed in questo amore di valori umani e cristiani, naturali e soprannaturali. E supplichiamo il Signore di farci sempre più anelare a questo equilibrio di energie e di entusiasmi. Il popolo ci correrà dietro, non per cercare noi, né per fermarsi a noi, ma per giungere con noi all'incontro di Cristo Gesù, che è « pastor et episcopus animarum nostrarum » [3].

O San Pio, Patriarca e Pontefice nostro glorioso, impavido e benigno : proteggi sempre il clero Veneto, di cui tu rimani preclarissimo splendor et honor: proteggi tutto il clero d'Italia, tutto il clero cattolico del mondo. Sostieni la resistenza ed il gaudium de veritate di centinaia e di migliaia di confratelli nostri che la persecuzione e l'oppressione delle più sacre libertà, in vaste e piccole regioni lontane e vicine, sottopone a durissime prove, che sono gemito e pianto della Chiesa del Signore.

La parola di Gesù per molti si avvera: « In mundo pressuram habebitis » [4]. É nostro dovere sacro portare nel cuore e nelle preghiere il ricordo quotidiano di questi confratelli sofferenti ed angustiatissimi. Per la tua intercessione, o Pontefice nostro Pio, la parola di Gesù un'altra volta e sempre si avveri: « Confidite, ego vici mundum » [5].

Pienamente fiduciosi che le Nostre parole troveranno pronta e generosa corrispondenza da parte vostra, come pegno delle più elette grazie celesti e della potente intercessione di S. Pio X, a voi, diletti figli, e in primo luogo al Signor Cardinale Patriarca della Nostra cara Venezia e agli Arcivescovi e Vescovi costi convenuti, come pure a tutto il Clero diocesano e regolare e ai seminaristi delle Tre Venezie, impartiamo con effusione di cuore l'Apostolica Benedizione.

 

Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 21 aprile millenovecentocinquantanove, anno primo del Nostro Pontificato.

 

IOANNES PP. XXIII

 

 


Note:
[1] Sess. XXIII, cap. 18.
[2] S. Ioan. Chrysost. Homil. 10 in Mt. - opus imperfectum - PG 33, 685.
[3] Cfr. 1 Petr. 2, 25.
[4] Io. 16, 33.
[5] Io. 16, 33.

 


Fonte: Vatican.va AAS. vol. LI, 1959, pp. 375-381.

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