C’erano una volta i cattolici. E c’erano i Papi. Uomini assunti alla suprema dignità di guida del popolo cristiano. Alcuni santi, altri no, alcuni eroi e martiri, altri corrotti e ignavi. Il papa del catechismo è San Pio X. Santo.
Pio X salì al pontificato all’alba del XX secolo, dopo il glorioso pontificato di Leone XIII, in un’epoca che agli accorti di allora pareva già intrisa di quell’eresia modernista che ha precipitato il genere umano nelle condizioni di agonia in cui oggi ci troviamo. Gli influssi dei centri culturali e intellettuali serpeggiavano tra le masse diffondendo un sottile maligno senso di rivolta contro tradizione e l’autorità della Chiesa. Erano tempi di revisione delle antiche posizioni tradizionali dettati dal fascino di quell’idea di rinnovamento e di progresso che crebbe con la rivoluzione industriale. Pio X, forte del suo passato e della sua esperienza pastorale, si impegnò a studiare le cause di questo fenomeno e a ricercarne accuratamente i rimedi. Fu così che elaborò il suo programma Instaurare omnia in Christo e, con l’enciclica Pascendi Dominici Gregis, nella quale dimostrò l’inconciliabilità delle filosofie moderniste (definite da lui stesso sintesi di tutte le eresie) con la fede cattolica, diede una grande botta, come si suol dire, alle suddette eresie.
Il suo catechismo, elaborato durante gli anni trascorsi in parrocchia e scritto mentre era vescovo di Mantova, fu diffuso in tutta Italia in poco tempo a partire dal 1905. Fino ad allora per tre secoli la Chiesa aveva istruito i fedeli con la Dottrina cristiana breve di San Roberto Bellarmino (1597).
Fu un’opera pensata per i suoi parrocchiani, figli di una società contadina e dunque incolti, ed è per questo che torna attuale ai giorni nostri. Incolti è la parola che si addice ai cattolici moderni. Domande e risposte brevi spiegano con semplicità cristallina le verità della nostra fede ed è così, generalmente, che si procede per alfabetizzare un analfabeta. Il procedimento è lineare, conseguente, anagogico. Lo stile ineffabile della Verità.
Tant’è! Dopo il Concilio Vaticano II, cadde in disuso ed è proprio questa la frase che vi sentirete dire da un qualunque sacerdote di parrocchia se andrete a dirgli che avete deciso di usare il catechismo di san Pio X: è caduto in disuso, non è più attuale. Su questo punto preciso vorrei ragionare per togliermi dalle scarpe qualche sassolino che continua a darmi fastidio in questo mio povero tentativo di recupero del catechismo.
Avvicinandosi a opere come la Pascendi comprendiamo che questo assunto (il deterioramento della dottrina, “non più attuale”, appunto) è uno dei pilastri portanti dell’eresia modernista, la quale vuole insinuare che la dottrina tradizionale, millenaria, inattaccabile della nostra fede cattolica così come lasciataci da Cristo stesso, possa appunto essere soggetta a scadenza come una qualunque filosofia, corrente di pensiero o medicinale farmaceutico. Gesù, vero Dio e vero uomo, portatore in se stesso di quelle doti divine di immensità, eternità, onniscienza e onnipotenza che gli impedivano ontologicamente di pronunciare una qualunque teoria del suo tempo che potesse cadere in disuso nel corso della storia terrena, non avrebbe mai potuto lasciare in eredità ai suoi figli un bugiardino con data di scadenza. Sarebbe come dire che Iddio, nella sua infinita sapienza non si rese conto che i tempi cambiavano. Sarebbe come dire che il parto non è doloroso, che il mare non è bagnato, che il gatto vola. Si tratta di un’idea del tutto lontana dalla realtà e dunque dalla ragione. Che Dio ci abbia lasciato, attraverso l’azione salvifica della Chiesa, Sua sposa, un’eredità indefettibile è invece un dato di ragione, oltre che di fede. Dunque cosa vogliono dirci i vescovi e i sacerdoti quando insinuano che ciò che giunge dalla tradizione millenaria della Chiesa non è più attuale? Una sola cosa: che osano mettersi al posto di Dio e decidere cosa è meglio o peggio per l’uomo, cosa è peccato (quasi nulla) e cosa non lo è (quasi tutto). Se un esorcista arriva a dire che il latino è caduto in disuso perché incomprensibile ai più, è in malafede perché finge di dimenticare che le formule e le preghiere con cui si scacciano demoni sono in latino, che, per l’appunto è la lingua più odiata dal demonio.
Dunque l’insegnamento della dottrina, dopo il CVII, si è dissolto lentamente, passando attraverso il catechismo olandese prima e i catechismi delle conferenze episcopali poi. Oggi, durante le lezioni di “iniziazione cristiana”, si legge il Vangelo. Si parte dalla “fine”, senza mai aver dato spazio ad un “inizio”. Ci si chiede poi come mai i ragazzi siano distratti e impenitenti, le famiglie assenti alla pratica della vita cristiana e si accusa chi procede nella strada della tradizione di essere settario.
Eppure vi sono stati tempi, non così remoti, in cui persino lo stato, ancorché ormai da secoli intriso di liberalismo rivoluzionario, dominato dalle idee democratiche e avviato irrefrenabilmente verso la laicità di cui oggi tutti “godiamo”, garantiva ancora alla scuola una formazione cattolica di solida tradizione. Si legge nei programmi didattici per la scuola primaria del 1955 che la scuola “… ha per dettato esplicito della legge, come suo fondamento e coronamento l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica…. . La vita scolastica abbia quotidianamente inizio con la preghiera, che è elevazione dell’animo a Dio…”. Dalla terza elementare poi, “…si continui nella narrazione facile ed attraente di episodi del Vecchio Testamento (primo anno del ciclo) e del Vangelo. Nel secondo e nel terzo anno del ciclo si tengano pure facili conversazioni sui Comandamenti e sui Sacramenti, sulle Opere di misericordia corporale e spirituale, sul Santo Patrono, sulle tradizioni agiografiche locali, sui Santi la cui vita possa interessare particolarmente i fanciulli, sui periodi dell’anno ecclesiastico e sulla Liturgia romana; si leggano e si commentino passi del Vangelo, accessibili alla mentalità degli alunni.” (Programmi didattici per la scuola primaria – Art. unico – Decreto Presidente della Repubblica 14 giugno 1955 n. 503)
Non restano che la preghiera, la vita della grazia e la battaglia per restare vivi e desti. E la soluzione parentale a tutti i livelli, per tentare di crescere una generazione di salvati dall’estinzione. Non resta che costruire un’ Arca su cui far salire le nostre famiglie per affrontare la tempesta.
Fonte: riscossacristiana.it