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La vera e la falsa tradizione

 

 

La vera e la falsa tradizoneDon Ugo Carandino (IMBC) ha pubblicato su Facebook questo post: «3 settembre, festa di San Pio X, Papa e Confessore. Ovviamente i “tradizionalisti” che mettono in discussione l’infallibilità dei papi non hanno nulla da festeggiare e dovrebbero smetterla di appropriarsi del nome e dell’opera di San Pio X. Sancte Pie X, ora pro nobis».

Per chi non conoscesse l’argomento, mi permetto di sintetizzarlo brevemente.

In data 12 gennaio 1966, Montini, meglio noto come Paolo VI, affermò:

«Vi è chi si domanda quale sia l’autorità, la qualificazione teologica, che il Concilio [Vaticano (II), NdA] ha voluto attribuire ai suoi insegnamenti, sapendo che esso ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del Magistero ecclesiastico. E la risposta è nota per chi ricorda la dichiarazione conciliare del 6 marzo 1964, ripetuta il 16 novembre 1964: dato il carattere pastorale del Concilio [Vaticano (II), NdA], esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità; ma esso ha tuttavia munito i suoi insegnamenti dell’autorità del supremo Magistero ordinario il quale Magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli, secondo la mente del Concilio circa la natura e gli scopi dei singoli documenti» (Udienza;  (cf. nota 666 in Apologia del Papato, pag. 330).

Come si evince dalla dichiarazione dello stesso Montini, sono egli stesso ed il “concilio” Vaticano II a negare l’infallibilità del Pontefice e della Chiesa nei termini definiti dal Vaticano primo e da Pio IX varie volte. Con un’astuta macchinazione moderna, da agnostici, sostengono: «[…] sapendo che esso [il Vaticano (II), NdA] ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del Magistero ecclesiastico […] esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità».

La replica immediata sarebbe: invece il “concilio” ha certamente preteso di dare definizioni dogmatiche di Magistero ordinario ed universale, ma anche probabilmente straordinario, vista la straordinarietà di alcuni documenti ed il particolare ricorso alla Scrittura ed alla supposta legge naturale e divina, impegnanti tutti certamente l’infallibilità del Magistero ecclesiastico, tuttavia senza mai ottenere da NSGC questa infallibilità. Adesso vediamo il perché!

Come si nota con evidenza, Montini fa anche confusione fra “autorità” e “qualificazione teologica”. Pretende di dare una “qualificazione teologica” all’autorità differente da quella già definita dalla Chiesa, e ciò non è affatto possibile. Ci viene in aiuto, proprio su questo, la Humani Generis di Pio XII: determinati argomenti non è più possibile discuterli.

Montini stava rispondendo alle obiezioni dei primissimi resistenti al “concilio” Vaticano II che, come noto, avevano una larvale posizione cosiddetta “sedevacantista”, questo almeno fino al 1970, mentre mons. Lefebvre autografava, sebbene a malincuore, i documenti del “concilio”, anche quello terribile (Lumen Gentium) con nota previa, posta sarcasticamente alla fine del testo (sic!). Chi conosce la vicenda non può far a meno di rattristarsi.

Perché queste obiezioni dei larvali “sedevacantisti”? Poiché almeno 6 documenti che il “concilio” pretendeva, con Montini, di promulgare, contenevano e contengono gravissimi errori dottrinali: errori di dottrina espressa, quindi di nuove dottrine su materia di fede, morale, legge e liturgia incompatibili con il dogma cattolico. La resistenza, che per fede cattolica non poteva credere contemporaneamente nella Chiesa infallibile e nella Chiesa che sbaglia laddove non è possibile sbagliare, si oppose e domandò: “Perché il ‘concilio’ contiene questi errori dottrinali? E il dogma dell’infallibilità che fine fa? Allora voi che firmate non siete la Chiesa, non avete autorità, l’avete perduta, ne siete stati privati!”.

I protestanti dicevano ed hanno sempre detto: i concilii universali sbagliano e la Chiesa non è infallibile. Non dimentichiamo questo passaggio.

I resistenti non facevano altro che citare la dottrina cattolica a tal proposito: Papa e Concilio universale non possono sbagliare. La Chiesa non sbaglia dottrina.

Ora, che un Concilio unito al Papa non possa promulgare errori dogmatici è un dogma, dunque la resistenza, davanti all’evidenza, dovette constatare la vacanza della Sede apostolica per manifesta eresia. Un eretico, difatti, non essendo Papa, poiché un eretico non può essere Papa, non beneficia di alcuna infallibilità, la quale è concessa da NSGC al Papa, non ad un non Papa, non ad un privato vescovo. Ed ecco spiegata la presenza dei gravissimi errori dogmatici che il “concilio” e Montini pretendevano di promulgare, pur dichiarando di non aver promulgato alcuna nuova dottrina, ma solo delle esortazioni pastorali sotto forma, per esempio di Costituzioni Dogmatiche. Insomma, siamo alla negazione dell’ABC della lingua italiana, non solo del dogma cattolico. Sono solo dei semplici espedienti usati dai modernisti, ci siamo oramai abituatissimi! Ieri come oggi affermano: “questa dottrina cambia la dottrina, ma non è dottrina è solo prassi pastorale”. Come se dottrina e prassi dottrinale (o pastorale) possano divergere.

Sto riassumendo il più possibile, ma non è facile.

A queste ed a tante altre obiezioni di fede cattolica e di buon senso fatte dalla resistenza, la quale doveva avere una posizione necessariamente sedevacantista, Montini replicò con la mentovata affermazione fallibilista in Udienza nel 1966, rilanciando la medesima, e visionaria, posizione già pronunciata in “concilio” nel ’64. Dichiarazione che oltre ad essere storicamente falsa, è anche “ereticissima” se consideriamo i suoi nefasti risultati. Lo dico non per storicizzare, ma per evidenziare con la necessaria enfasi.

Cosa fecero i cosiddetti tradizionalisti?

Quello che continuano a fare ancora oggi: dopo essersi ritirati nell’oblio per 4 o 5 anni, dopo aver “piombato” come meglio potevano le loro posizioni di prestigio ed economiche, non appena si calmò la furia iconoclasta e neo-protestante di Montini a danno della “sprovveduta” prima resistenza sedevacantista, i cosiddetti tradizionalisti accettarono ed accettano la prima parte della dichiarazione fallibilista e falsa di Montini, che rompe decisamente col dogma dell’infallibilità e con la tradizione, tuttavia adottarono ed adottano un atteggiamento scismatico in riferimento alla seconda parte (quella sull’ubbidienza che si deve al Papa quindi alla Chiesa), poi precipitano nello scisma capitale, che è ancora il massimo del tradizionalismo per quel tipo di cosiddetti tradizionalisti.

Ora, quando don Carandino dice: «3 settembre, festa di San Pio X, Papa e Confessore. Ovviamente i “tradizionalisti” che mettono in discussione l’infallibilità dei papi non hanno nulla da festeggiare e dovrebbero smetterla di appropriarsi del nome e dell’opera di San Pio X. Sancte Pie X, ora pro nobis», ha ragioni da vendere, fa un’opera di carità, non perché lo dico io, ma perché lo insegna la Chiesa, egli dice la verità!

San Pio X asserisce nella Ad Diem Illum Laetissimum: “[il] Concilio Vaticano così ammirabile di opportunità e della definizione dell’infallibilità Pontificia, formulata cosi a buon punto di fronte agli errori che stavano per sorgere”.

A quale definizione si riferisce? Leggiamola: “Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema”.

Leone XIII cita la Sessione III Cap. 3 del Vaticano I in Satis Cognitum ed altrove: “Per questo i Padri del Concilio Vaticano nulla hanno decretato di nuovo, ma solo ebbero presente l’istituzione divina, l’antica e costante dottrina della Chiesa e la stessa natura della fede, quando decretarono: «Per fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e viene proposto dalla Chiesa o con solenne definizione o con ordinario e universale magistero come verità da Dio rivelata»”.

Pio XII in Munificentissimus Deus qua fidei dogma definitur Deiparam Virginem Mariam corpore et anima fuisse ad caelestem gloriam assumptam, insegna ancora: “dal consenso universale di un magistero ordinario della chiesa si trae un argomento certo e sicuro per affermare che l’assunzione corporea della beata vergine Maria al cielo, – la quale, quanto alla celeste glorificazione del corpo virgineo dell’augusta Madre di Dio, non poteva essere conosciuta da nessuna facoltà umana con le sole sue forze naturali è verità da Dio rivelata, e perciò tutti i figli della chiesa debbono crederla con fermezza e fedeltà. Poiché, come insegna lo stesso concilio Vaticano, «debbono essere credute per fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o trasmessa oralmente o col suo ordinario e universale magistero, propone a credere come rivelate da Dio»” (cita CONC. VAT. I, Const. dogm. Dei Filius de fide catholica, c. 3).

Si è voluto brevemente dimostrare, sebbene con grandi “approssimazioni” storiche da post FB, come i cosiddetti tradizionalisti, che sono soliti opporre la sola parola “tradizione” (escludendo quella che andrebbe usata: Magistero) a qualsiasi altro argomento, in realtà dimenticano proprio la Tradizione, quella vera sulla materia dell’infallibilità. Questa cattiva abitudine, oggi di grande comodità, non è solo tipica della Fraternità San Pio X, giustamente chiamata in causa da don Ugo, ma di tutti gli ambienti dei cosiddetti tradizionalisti a gettone, ovvero gli apologeti di una porzione della Tradizione, quella più comoda. Inclusi alcuni sedevacantisti che fanno del prete un mero distributore di Ostie.

Insegna SER Mons. Ferrè nel commento alla Dei Filius: “Quindi è chiarissimo (scrive “indi procede”) che realmente la dottrina proposta da questo Magistero è antica quanto la Chiesa perchè sempre identica a se stessa, è diffusa in tutto il mondo cattolico, ed è conosciuta e professata da tutti i cattolici. Ciò detto (scrive “in questo senso”), quindi, è verissimo che si deve credere ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto (Tradizione). Ma, per fare ciò, non si richiede altro che aderire semplicemente e con tutta fermezza al Magistero universale ed ordinario della Chiesa. La regola suggerita dal Lirinese tornerebbe di grande giovamento quando, su questo o quel punto determinato di cristiana dottrina, sorgesse controversia o la Chiesa non avesse ancora pronunciato la sua definizione”.

Mons. Michel Guérard des Lauriers, teologo domenicano, fu cacciato da Montini dalla Lateranense, poi da mons. Lefebvre dal seminario di Econe, proprio perché ricordava loro il vero significato del dogma cattolico sull’infallibilità del Papa e della Chiesa, il significato tradizionale e dogmatico dato dal Vaticano primo. Sia Montini che mons. Lefebvre sono considerati due giganti della teologia e morirono riveriti fra mille onori, mentre Mons. Michel Guérard des Lauriers morì calunniato, dimenticato e povero, ma circondato dai soli pochi amici che ebbero il coraggio di rimanere cattolici.

 

Nota: Ho recentemente studiato molti scritti antichi, ma alcuni nuovi per me, per una ricerca sull’infallibilità del Papa, ed ho notato che Agostino Trionfo da Ancona, Giovanni cardinale di Torrecremata, il cardinal Giacobazzi, il Gaetano, il Vittoria, il de Monte, san Bellarmino, sant’Antonino, Gregorio XVI, Paolo IV, Paolo III, Adriano II, Innocenzo III, sant’Alfonso, Cornelio Alapide, l’abate Barbier, lo Zabarella, il cardinale di san Giuliano legato di Eugenio IV, il cardinal Moliniano, Guido A. di Bologna, Giovanni da Imola, il de Rosellis di Padova, Decio milanese, Angelo de Clavasio, Silvestro di Priera del Sacro Palazzo, Suarez, il Cartechini e molti altri (anche se non tutti “esemplari”), sostengono, sebbene con varie ipotesi e sfumature teologiche, quello che Mons. Michel Guérard des Lauriers affermava coraggiosamente nella Tesi di Cassiciacum, ovvero che un eretico non è né può essere Papa, tuttavia può trovarsi ad occupare la nuda sede. Inutile dire che non è il numero che fa la verità, bastavano (anche se non è necessario dirlo) già le dichiarazioni di Gesù sul Papato e la spiegazione data da san Paolo in Galati. Prima o poi pubblicherò una nuova ricerca per integrare Apologia del Papato e correggere alcune imprecisioni.

Sancte Pie X, ora pro nobis !!!

 

 

 


Fonte: Carlo Maria di Pietro in Agere Contra

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