9 agosto 1903: l’incoronazione di papa san Pio X

Opinioni & Notizie su Pio X

 

 

Elezione di Papa San Pio XNel 2014 abbiamo celebrato il primo Centenario dalla morte di San Pio X (1914-2014) e vogliamo ricordare questo immenso Pontefice dedicandogli diversi articoli che possano aiutarci a comprendere il suo percorso verso la santità.

Una santità che non ha riguardato solo la sua persona, ma che ha coinvolto tutta la Chiesa e che ancora oggi è per noi un faro luminoso.

Quanto segue lo prendiamo in prestito e liberamente trascriviamo dal libro: Pio X e il suo tempo, di Ferruccio de Carli – data 1951 (1).

 

Premessa

Qui c’è la descrizione minuziosa dell’evento che desideriamo condividere con tutti voi per una maggior gloria di Cristo e della Sua Sposa, la Santa Chiesa nella quale, questo grande Pontefice, divenne Santo!

Il testo che leggerete deve tenere conto del linguaggio del suo tempo, e deve essere letto con “gli occhi della fede” perché possa produrre in noi che leggiamo, non semplicemente un momento storico ed un evento “spettacolare” ma bensì perché possa produrre in noi “la nostalgia del Cielo”, la nostalgia “del veramente bello” dentro il quale Dio abita!

Infatti: “motivo principale per cui la Chiesa fin dai primi secoli ha cercato di 'custodire i misteri di Dio' (cfr 1Cor.4,1), questi Misteri che Dio ha dato a Lei da tramandare, mediante i segni, i simboli e la vera bellezza della forma liturgica, ci insegnano chiaramente in quale modo dobbiamo vedere e leggere ciò che oggi vengono definiti in modo irrisorio 'i fasti' del Pontefice quando, appunto, presiede a delle celebrazioni liturgiche importanti o anche apparentemente meno importanti, poiché nella Chiesa e nella sua Liturgia nulla è inutile quando è svolto bene nel rispetto della 'vera bellezza' che non è solo esteriorità, ma parte proprio dall’interiorità e si lascia quindi 'vedere'…” (2)

Tutto deve essere letto in chiave simbolica, di quella simbologia che non significa falsità, ma al contrario, di quella simbologia biblica che significa proprio “presenza velata del Vero”.

Vi affidiamo perciò due raccomandazioni:

 

Incoronazione di Pio X

La mattina del 9 agosto 1903 Roma riviveva una di quelle giornate d’insuperato fasto liturgico e mondano che l’hanno resa celebre ed unica nei secoli.

Da cinquantasette anni non si assisteva nella Basilica Vaticana all’incoronazione del Sommo Pontefice. L’ultima era stata quella di Pio IX, il 21 giugno del 1846. essendo stato Leone XIII incoronato nella Cappella Sistina il 3 marzo 1878.

Già prima che spuntasse il giorno, la gente sciamava da ogni strada e vicolo, ingrossandosi verso i borghi, dove confluivano anche vetture ed equipaggi, taluni ancora negli antichi costumi.

Era tutto un popolo che si riversava verso il luogo “‘u siede il successor del maggior Piero” (ove siede il successore di Pietro).

Spettacolo imponente ed impressionante in quella semioscurità del giorno che sta per nascere.

Quando il sole, squarciando la lieve nebbia, aveva inondato Roma della sua luce e del suo calore, la Basilica di S. Pietro era già letteralmente gremita.

Poco prima che il Papa facesse ingresso nella Basilica, il corpo della Guardia Nobile, che indossava la tenuta di gala scarlatta, si portava all’altare della Confessione, schierandosi ai due lati.

Il servizio d’onore alle tribune riservate ai sovrani, al Corpo Diplomatico, al gran Maestro dell’Ordine di Malta, all’aristocrazia e al patriziato, veniva disimpegnato dai camerieri segreti e d’onore di cappa e spada e dai soci del Circolo di S. Pietro.

Gl’immensi pilastri della Basilica erano ricoperti da magnifici damaschi rossi a liste d’oro.

Nella Cappella di san Gregorio era stato eretto un piccolo trono e nel centro dell’abside le bancate per i cardinali, per gli arcivescovi e vescovi non assistenti al soglio, per i prelati di fiocchetto, abati degli ordini monastici, protonotari apostolici, generali degli Ordini mendicanti e Patriarchi; ai lati del trono quelle degli arcivescovi e vescovi assistenti al soglio.

Il trono del Sommo Pontefice, ricoperto di lamina d’argento, si ergeva maestoso in fondo all’abside, davanti al gran dossale di damasco rosso a trine e fiocchi d’oro, ed era sormontato da un gran padiglione di velluto rosso con frange d’oro.

A destra e a sinistra del trono vi erano due recinti riservati: l’uno, al Corpo Diplomatico, al gran Maestro, ai commendatori e cavalieri del sovrano Ordine di Malta nelle varie uniformi; l’altro alle famiglie del patriziato e della nobiltà romana.

In un recinto sotto la cantoria presenziavano la cerimonia don Gio. Batta Parolin, nipote di Sua Santità, don Placido Forcellini, le rappresentanze del paese natale e altri.

Molto prima che avesse inizio la cerimonia, S.Pietro era un ondeggiante oceano umano, ove tutti gli idiomi si intersecavano e si confondevano in un brusio indescrivibile.

 

Alle 8,30 nel Palazzo Vaticano si forma il corteo.

Precedono un cerimoniere pontificio, i procuratori del Collegio dei Sacri Palazzi Apostolici e due guardie svizzere; quindi il predicatore apostolico e il confessore della Famiglia Pontificia, i procuratori generali degli Ordini religiosi, i bussolanti in cappa magna, e il sottoguardiarobiere recante su un cuscino il Triregno, accompagnato dal custode dei triregni e gioielliere pontificio; i cappellani recanti le mitre preziose, il maestro dei cursori pontifici, i chierici segreti e i camerieri d’onore in cappa rossa, gli avvocati concistorali col decano, i cappellani cantori e i cantori della Cappella Pontificia; gli abbreviatori del parco maggiore, i chierici di Camera, gli uditori della Sacra Romana Rota in rocchetto, il Maestro del Sacro Palazzo Apostolico seguito da due cappellani recanti le mitrie da usarsi dal Pontefice durante la cerimonia; il decano della Segnatura papale col turibolo, il suddiacono apostolico, Uditore di Rota, in tonacella, sorreggente la croce papale e incedente tra sette votanti di segnatura con i candelieri e i maestri ostiari di Virga Rubea, custodi della croce papale durante la funzione; un Prelato Uditore di Rota nella qualifica di suddiacono col suddiacono e il diacono greco; i penitenzieri di S.Pietro; gli abati mitrati e vescovi non assistenti al soglio e poi quelli assistenti, i patriarchi, indi il Sacro Collegio dei cardinali in cappa rossa e lungo strascico che ad ognuno sorreggeva il rispettivo segretario.

Il gruppo del Senato della Chiesa è di una maestà imponente!

Vengono ancora: il principe assistente al soglio, il foriere maggiore dei Sacri Palazzi Apostolici, il cavallerizzo maggiore e due maestri delle cerimonie.

Viene quindi il Papa, che è circondato dal distaccamento della Guardia nobile di servizio e dagli altri dignitari, dai mazzieri con le mazze d’argentee, dagli Svizzeri con gli spadoni serpentini, dai camerieri segreti partecipanti, dall’elemosiniere, dal sagrista, dal sostituto della Segreteria di Stato mons. Giacomo della Chiesa, dal Comandante e dagli ufficiali della Guardia nobile, dai comandanti della Guardia palatina d’onore e della Guardia Svizzera, dal latore della Rosa d’oro, dall’archiatra pontificio, dal maestro di casa e cameriere segreto di numero e da altri personaggi della Corte.

Seguono immediatamente Sua Santità altri dignitari ecclesiastici e Laici, due uditori e il decano della Sacra Rota, incaricato di reggere la mitra al Sommo Pontefice, e due camerieri segreti partecipanti per la falda; l’Uditore generale della Reverenda Camera Apostolica, il maggiordomo e il Maestro di Camera coi protonotari apostolici, i camerieri segreti soprannumerari.

Chiudono l’imponente corteo i Generali degli Ordini religiosi e gli Svizzeri.

Giunta la Croce nel portico della Basilica fa quivi sosta lasciando campo allo sfilare del corteo, che si è precedentemente fermato presso la statua di Costantino.

Disceso dalla Sedia e attorniato dai cardinali e dalle personalità, il Pontefice è ricevuto all’ingresso del portico dal Capitolo e dal Clero della Basilica con a capo l’arciprete cardinale Rampolla del Tindaro. In quel mentre i cantori della Cappella Giulia intonano il Tu es Petrus.

Il cardinale arciprete si appresta al trono e, fatte le genuflessioni di rito, ossequia il Pontefice e legge in latino un devoto indirizzo d’augurio e di felicitazione per il faustissimo avvenimento; lo saluta in nome del Capitolo e del Clero, pregandolo di voler ammettere l’uno, l’altro e il Seminario al bacio del piede.

 

Terminata l’obbedienza, il Sommo Pontefice impartisce la benedizione apostolica.

Ricompostasi la processione, il corteo fa ingresso nella Basilica e il Papa vi entra in sedia gestatoria, avendo ai lati i monsignori portanti i flabelli, assistiti dai sediari.

Seguono altri sediari, tutti sotto l’alta direzione del foriere maggiore.

Il passaggio dei cardinali desta irrefrenabile, morbosa curiosità nella folla strabocchevole e nelle tribune.

E’ un chiedere affannoso chi è questo e chi è quell’altro.

Gli informati, i pratici, i nomi più noti; tutti gli sguardi convergono sulla figura impenetrabile di Rampolla.

Si mormorano i nomi di Gotti, Oreglia, Serafino Vannutelli, Ferrata, Capocelatro, Agliardi, Vives y Tuto, e via via gli altri.

E’ la Chiesa di Roma, la Chiesa Universale che passa maestosa nel gruppo dei suoi Principi: sono gli intelletti magni, la pietà, i reggitori delle maggiori archidiocesi.

All’apparire del Papa le trombe d’argento intonano la marcia trionfale del Longhi, mentre la folla scoppia in un frenetico, interminabile fragoroso applauso.

Tutti protendono lo sguardo ansioso verso l’ingresso per vedere il nuovo Pontefice.

I fazzoletti sventolano a migliaia, gli applausi si frammischiano agli evviva, la commozione invade tutti e molti piangono.

Il Pontefice, estremamente commosso, raccomanda più volte, con un cenno della mano, il silenzio, ma non vi riesce…

Dispostasi la processione nella navata centrale, il Papa viene portato nella Cappella del Sacramento dove adora l’Augustissimo (l’Eucarestia – nostra osservazione – che a quanto pare sembra caduta in disuso, nessun Papa si ferma più nella Cappella del Santissimo); passa quindi alla Cappella di san Gregorio dove si asside in trono; qui, dopo l’obbedienza prestatagli dal Sacro Collegio e il canto di Terza, da lui stesso intonato, depone i paramenti e ne assume altri, che il cardinale diacono ministrante lo aiuta ad indossare.

Quindi, agli ordini del Prefetto delle cerimonie, che ha in mano la ferula, la processione si avvia verso l’altare papale.

Quale fantasmagoria di addobbi, di valori, di costumi, di personalità religiose e laiche! E tutto e tutti convergenti verso un punto solo, una sola persona terrena (e nel ruolo) divina: il Successore di Pietro, il Vicario di Cristo, il rappresentante della più universale e vetusta religione: il Padre venerato, cui s’inchinano milioni e milioni di sudditi e di figli.

Omaggio pietoso e superbo. Bellezza che nessuna Corte può dare, perché lo sfarzo incomparabile è reso quasi etereo da una solennità inesprimibile, da una calma e da una nobiltà di movimenti e di atteggiamenti che, anche a non conoscerli, s’intuisce come prendano evidente sostanza dall’ispirazione, dalla sostanza e dal concetto della loro alta e divina dignità.

Una cerimonia papale in S.Pietro, e soprattutto, massima fra ogni altra, l’incoronazione, dà l’impressione di uno stupendo assoluto e inimmaginabile.

Perché qui il Divino è visibile, e visibilmente si estrinseca dal perfetto terreno.

Quel coesistere dell’umiltà e dello sfarzo, dell’umano e del divino creano quasi un’irrealtà e la sensazione di una comunione e di un’aderenza quasi fisica e spirituale fra terra e cielo.

Si mormorava, di quei tempi, (facciamo notare che tale mormorio c’è sempre stato nella Chiesa), sull’inutile sfarzo della Chiesa; si parlava di teatralità; eppure nelle manifestazioni liturgiche, ogni atto, ogni oggetto ha un significato, una tradizione e una profonda ragion d’essere.

Il Clero si ammanta solo per rendere omaggio alla divinità, cui tutto è dovuto; in fondo, non solo nella Chiesa, ma in tutte le umane istituzioni è un perpetuarsi di usi e costumi.

Durante il percorso del corteo il cerimoniere pontificio s’inginocchia tre volte a breve distanza, brucia dei batuffoli di stoppa posti sopra una canna d’argento, cantando lentamente, rivolto al Sommo Pontefice:

”Pater Sancte sic transit gloria mundi” (Padre Santo, così passa la gloria del mondo!)

Entrata Sua Santità nella quadratura e abbandonata la sedia gestatoria, i cardinali ricevono l’amplesso (=l’abbraccio).

Quindi il Pontefice, giunto all’altare, depone la mitra e recita le preghiere comuni della Messa, avendo alla sua destra il cardinale sottodecano del Sacro Collegio, vescovo assistente, alla sinistra il cardinale diacono ufficiante, e dietro di lui i due cardinali diaconi assistenti con i prelati e gli officianti all’altare. Dopo l’indulgentiam, i cardinali vescovi Oreglia, decano e Agliardi, vescovo di Albano, recitano sopra il Pontefice le preci dell’incoronazione.

Terminate le preci, e mentre il Papa ascende l’altare, i cantori intonano l’Introito.

Le note gravi e dolci si spandono per l’aria; la folla commossa trattiene il respiro. Il momento è solenne perché il Papa è ora visibile anche alle masse poste nei luoghi più lontani. E’ un ansioso cercare la sua figura rassicurante, le sue sembianze, la sua espressione mentre si appresta a celebrare il Sacrificio.

Terminato l’Introito, il cardinale diacono incensa tre volte il Papa, baciandolo poi sopra una guancia e sul petto (sul cuore). Lo stesso fanno i due cardinali diaconi assistenti.

Dopo di che Sua Santità, sedendo in trono, riceve l’ultima venerazione dei cardinali, che gli baciano il piede e la mano, mentre Egli li abbraccia due volte.

I patriarchi, gli arcivescovi e i vescovi gli baciano il piede e il ginocchio destro, e i mitrati il piede.

Il Papa legge l’Introito della Messa dalla Cattedra di san Pietro con l’orazione pro seipso e intona il Gloria.

Detta poi l’orazione della Messa in die coronationis, il cardinale primo diacono recita le litanie dell’Incoronazione ripetendo tre volte:

Poi i cardinali cantano le litanie dell’Incoronazione, alle quali il coro ad ogni invocazione risponde:

Quindi il suddiacono latino canta l’Epistola, ed atteso che questa, come più tardi il Vangelo, venga cantata dal suddiacono di rito greco nel suo idioma, muovono entrambi a baciare il piede all’Eletto.

Durante il canto del graduale, il Pontefice legge l’Epistola e il Vangelo.

Il cardinale diacono assistente, posto sull’altare il Libro dei Vangeli, si reca al trono a baciargli la mano e l’arcivescovo assistente gli porge l’incenso per la benedizione.

 

Il Santo Padre intona il Credo.

La sua voce calda, perfettamente intonata, commossa ma decisa, si spande per la Basilica che in quel momento è di un silenzio impressionante.

Fatta dal sagrista la purificazione ed eseguita la pregustazione, torna all’altare per l’offertorio.

Dopo l’incensazione e cantato dal Papa il Prefazio, i votanti di segnatura, in numero di otto, con le torce, prendono posto dinanzi l’altare.

Nel momento solenne dell’elevazione un silenzio profondo regna nell’immensa Basilica ed una vivissima commozione invade ogni animo, mentre, il Vicario di Cristo leva in alto le Sacre Specie, le ostende in giro da destra a sinistra ai fedeli e le trombe d’argento intonano la melodia del Silveri.

 

Tutti pregano!

Tutti intercedono da Gesù in Sacramento che voglia colmare dei suoi soavi carismi colui al quale s’è degnato affidare il governo della Chiesa.

Dopo il Pater Noster e l’Agnus Dei torna al trono, mentre il cardinale vescovo assistente trasmette agli altri cardinali e dignitari la pace.

Allora il cardinale diacono officiante prende dall’altare la patena con l’Ostia sacra e dopo averla innalzata per mostrarla al popolo la consegna al suddiacono che la reca al trono, dove il Santo Padre la riceve in ginocchio.

Frattanto il diacono, alzato il Calice consacrato e ricopertolo con la palla, lo porta ugualmente al trono dove il Santo Padre lo riceve pure in ginocchio, recitando il ”Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea”.

Fatte le abluzioni sul trono, in un altro calice, che gli viene presentato dal cardinale vescovo assistente, il Papa si lava le mani nel bacino che gli viene apprestato dal principe assistente al trono Pontificio, e dopo si reca all’altare per il Communio e l’ultima orazione.

Benedetti gli astanti e recitato l’ultimo Vangelo, si reca alla sedia gestatoria.

Avvicinatosi il cardinale arciprete Rampolla, accompagnato da due canonici sagrestani maggiori, offre al Pontefice una borsa di seta bianca ricamata in oro, contenente venticinque giulii, dicendo:

“Beatissime Pater Capitulum et Canonici huius Sacrosanctae Basilicae Sanctitati Vostrae offerunt consuetum presbyterium pro Missa bene cantata”.

Sua Santità consegna la borsa al cardinale diacono che la passa al suo caudatario.

Terminata così la Messa, il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, seguito dal patriziato e dalla romana aristocrazia, uscendo dal recinto va a prendere posto dinanzi alla Confessione per l’incoronazione.

Riordinata come in antecedenza la processione, questa sfilza d’intorno alla Confessione e nella navata centrale della Basilica.

Giunto il Santo Padre, sulla sedia e sotto il baldacchino, al podio, la sedia viene deposta ed attorniata dal Sacro Collegio, dagli arcivescovi, vescovi e dalle altre personalità.

Allora i cantori intonano l’inno Corona aurea super caput eius, dopo di che il cardinale decano recita le analoghe preci.

Corona aurea super caput ejus.
Expressa signo sanctitatis, gloria honoris, et opus fortitudinis.
Quoniam praevenisti eum in benedictionibus dulcedinis posuisti in capite eius coronam de lapide pretioso.

Domine,
praevenisti eum in benedictionibus dulcedinis, posuisti in capite eius coronam de lapide pretioso.
Vitam petiit a te, tribuisti ei longitudine dierum in saeculum saeculi.

(Una corona dorata sopra il suo capo. Segno di manifesta santità, di gloria, di onore, ed opera di fortezza. (Sal.) Poiché lo hai prevenuto con fauste benedizioni gli ponesti sul capo una corona di pietre preziose).

 

La tiara dei papi è anche chiamata triregno, poiché ornata di tre corone (anche se la struttura a tre corone si deve soltanto a papa Benedetto XII a partire dal 1342), ed intesa nella storia come simbolo di sovranità, ma anche della triplice missione del papa: “Padre dei Principi e dei Re”, “Guida del Mondo” e “Vicario di Cristo in terra”, come recitava la frase che il cardinale protodiacono pronunciava un attimo prima di imporre questo copricapo sulla testa del nuovo papa.

Apprestatosi il cardinale secondo diacono toglie dal capo di Sua Santità la mitra e il cardinale primo diacono gli pone in capo la Tiara, dicendo:

“Accipe Tiaram tribus coronis ornatam et sciaste esse patrem principum et regnum,
rectorem orbis in terra, vicarium Salvatori nostri Jesu Christi,
cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen”

(Ricevi la Tiara ornata di tre corone, e sappi che Tu sei Padre dei Principi e dei Re, Reggitore del mondo, Vicario in terra del Salvator Nostro Gesù Cristo, cui è onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen).

 

Incoronato, il Sommo Pontefice recita la consueta formula dell’assoluzione papale, impartendo infine solennemente la benedizione apostolica.

Data la benedizione in latino e in italiano, viene pubblicato il Breve col quale la Santità di Nostro Signore concedeva l’indulgenza plenaria a tutti i presenti.

Una solenne e generale acclamazione prorompe irresistibile e ripetute grida di “Viva Pio X! Viva il Santo Padre!”, echeggiano per la superba volta della mole michelangiolesca; evviva ed applausi che in una al continuo agitare dei fazzoletti accompagnano il Pontefice lungo il suo passaggio per la grande navata del Tempio.

Estremamente commosso, mentre con la destra fa cenno di tacere, rivolge lo sguardo suo dolce e paterno sulla folla e torna allora incessantemente a benedire.

La grandiosa, commovente manifestazione ha solo termine allorché il Santo Padre, giunto alla Cappella della Pietà, s’invola agli sguardi della moltitudine.

Sono le ore 13 (del 9 agosto 1903, quando la Cerimonia era cominciata alle luci dell’alba e alle ore 8,30 sotto il porticato della Basilica).

 

 

 


Note

1) Pio X e il suo tempo, di Ferruccio de Carli

2) cfr. Joseph Ratzinger da “Introduzione allo spirito della liturgia”

 


Fonte: Libro «Pio X e il suo tempo» di Ferruccio de Carli (Editore: Adriano Salani, 1941)

Pubblicato in Cooperatores Veritatis

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