Pio X e immigrazione: oltre i luoghi comuni

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San Pio X con bambini di diverse etnie

Siamo abituati a pensare all'emigrazione come un problema dei tempi odierni. Eppure non è così e per ricordarcelo potrebbe servire la rilettura di un testo del 1887 scritto da quello che sarebbe diventato poco più di un decennio più tardi papa Pio X.


Giuseppe Sarto, all'epoca vescovo di Mantova, scrive una lettera ai sacerdoti di una diocesi che stava cominciando a conoscere un processo di spopolamento dovuto ai primi trasferimenti all'estero dei suoi abitanti. A questi, l'allora vescovo raccomanda di non far mancare mai “direzione, consiglio e aiuto” a chi emigra, dando prova dell'applicazione dell'autentica carità cristiana. “Io come padre delle anime devo pur lamentare la partenza di tanti miei figli (…) indotti dall'indigenza, piuttostoché dalla loro volontà, carichi di famiglia e costretti a trascinare una vita piena di ansietà e sofferenze”.


Nel documento, il futuro Pio X sollecita i presbiteri mantovani a far cambiare idea a quei parrocchiani che covano nel cuore l'intenzione di partire, mettendoli in guardia dal “facile entusiasmo” perché “tutta intera la vita non basterebbe forse a riparare le conseguenze di un passo funesto”.


La lettera di Sarto fa poi emergere l'esistenza, già all'epoca, di consorterie malaffaristiche determinate a realizzare profitti sulla sofferenza e sulle speranze dei migranti:


“Non è la prima volta
– si legge nello scritto – che poveri contadini eccitati da agenti di case speculatrici e da impresari di emigrazione mentre si aspettavano di trovare il favoloso paese dell'oro, nonché veder infrante le stipulazioni, per solito puramente verbali, si riconobbero nel lungo tragitto e nelle terre promesse vittime di inganni, per cui, fuggendo la miseria del luogo nativo, incontrarono miserie ben più strazianti lungi dalla terra dei loro padri”.


Ai fedeli più disperati, disposti ad abbandonare la loro casa d'origine pur di conquistare una condizione di vita dignitosa, il futuro pontefice consiglia di non sacrificare “quella libertà, che è il bene più prezioso dell'uomo”.

 

 

 

 


Fonte: Nico Spuntoni in 'InTerris'

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