Pio X e gli Ebrei: una rivalutazione (parte 1 di 3)

Opinioni & Notizie su Pio X

Pio X e gli Ebrei: una rivalutazione

Nei lavori ebrei standard di riferimento la figura di Papa Pio X è gravemente trascurata o ha ricevuto una stampa decisamente negativa. Per la concisa Nuova Enciclopedia Ebraica Standard, Pio X semplicemente non esiste. La Universal Jewish Encyclopedia afferma in modo piuttosto criptico che verso gli ebrei il papa era "disposto meglio" dei suoi predecessori prossimi. Dall'altra parte, la monumentale Encyclopaedia Judaica caratterizza Pio X come "sprezzante del giudaismo e del popolo ebraico” (1).


Le biografie cattoliche di questo Pontefice, essenzialmente agiografiche, ci fanno capire poco o niente dei suoi rapporti con gli ebrei o della sua posizione sulla questione ebraica. Tuttavia, come cercheremo di vedere, Giuseppe Sarto (1835-1914), che fu eletto papa nel 1903 e canonizzato nel 1954, ha mantenuto rapporti personali cordiali con singoli ebrei durante la sua carriera ecclesiastica, ha mantenuto una visione positiva del carattere ebraico, ha difeso il popolo ebraico contro la diffamazione e la violenza, e fu determinante nel fermare una campagna antisemita ventennale, che era stata condotta in precedenza in Italia dal partito clericale. Prima di imbarcarci sulla documentazione dei quattro punti di cui sopra, sarebbe bene cancellare i bordi, per così dire, dei tre incidenti che hanno portato alcuni studiosi dell’argomento a concludere che l'atteggiamento di Pio X verso gli ebrei è stato meno che esemplare. Facciamo presente che, quando questi episodi isolati sono riesaminati nel più ampio contesto della storia italiana, della storia della chiesa, e della storia ebraica, non possono in alcun modo essere addotti a sostegno della tesi che il papa era sprezzante o ostile verso il popolo ebraico.

 

 

PRIMO INCIDENTE

DuomoMantovaIl Duomo di MantovaQuando Giuseppe Sarto era vescovo di Mantova (1884-1893), ha trovato una pratica consolidata nella diocesi, per cui il giorno del compleanno del re, le autorità civili e militari prima partecipavano a un Te Deum nella cattedrale, e poi a una cerimonia analoga nella sinagoga locale. Considerando l’abitudine sconveniente e dispregiativa degli interessi del cattolicesimo come religione ufficiale dello Stato, monsignor Sarto ha invitato il governo a fare una scelta tra i due luoghi di culto o a rinunciare al servizio nella cattedrale. Il primo ministro, Francesco Crispi, si dice che abbia risposto seccamente, "Né in cattedrale né in sinagoga", con il risultato che l'anniversario della nascita del re non è stato più celebrato ufficialmente nella diocesi di Mantova (2). Questo incidente è certamente rivelatorio dell’indifferentismo e della tolleranza religiosa dello stato laico, una situazione che ha incoraggiato l'integrazione e l’assimilazione ebraica nell’Italia liberale. Tuttavia, ha ben poco da dire sull’atteggiamento del prelato nei confronti degli ebrei e dell'ebraismo. Da rapporti confidenziali al Ministero dell'Interno sappiamo che, durante il suo mandato mantovano, Monsignor Sarto era considerato rispettoso dell’autorità costituita e non aderente alla fazione più intransigente della gerarchia italiana (3). La cosa che lo ha portato a un ultimatum così insolito è stato niente meno che una difesa dei diritti della Chiesa romana sotto lo Statuto, o Costituzione, del 1848. L'articolo 1 di tale documento, dichiarando il cattolicesimo religione di Stato, è stato infatti universalmente interpretato dalla giurisprudenza italiana della fine del XIX secolo con il solo significato che, quando le autorità pubbliche chiedevano o partecipavano formalmente ad una funzione religiosa, doveva essere secondo i riti della chiesa cattolica romana (4). Non avrebbe dovuto quindi essere una sorpresa che il vescovo di Mantova avesse difeso questo ultimo vestigio delle prerogative cattoliche ufficiali. Egli avrebbe senza dubbio protestato altrettanto vigorosamente se le autorità locali avessero partecipato ai servizi in una chiesa protestante, piuttosto che in un tempio ebraico.

 

SECONDO INCIDENTE

Pio X e Theodor HerzlS. Pio X e Theodore HerzlIl 25 gennaio 1904, Theodore Herzl si è incontrato in udienza privata con Pio X. Questo fondatore del moderno sionismo politico ha chiesto al Papa il suo sostegno, o almeno un nulla osta benevolo, per il progetto di uno stato ebraico in Palestina. Il pontefice ha risposto negativamente senza mezzi termini e ha aggiunto: "Gli ebrei non hanno riconosciuto il nostro Signore, quindi non possiamo riconoscere il popolo ebraico" (5). Egli ha sostenuto, inoltre, che lui non aveva intenzione di facilitare la creazione di un altro stato non cristiano in Terra Santa. Nel suo colloquio con Herzl, il Papa si è soffermato a lungo sulla conversione degli ebrei, una preoccupazione secolare della chiesa che il Sarto aveva preso particolarmente a cuore, se vogliamo giudicare dai molti battesimi in punto di morte che ha impartito durante la sua lunga carriera ecclesiastica (6). Egli ha sostenuto, tuttavia, che "dopo tutto, ci sono altri vincoli oltre a quelli religiosi: cortesia e filantropia; questi non li neghiamo agli ebrei" (7). Deve essere dato per scontato che il Vaticano avrebbe espresso ostilità alle aspirazioni sioniste per motivi dottrinali e politici, allora e in seguito (8). Nel valutare la posizione di Pio X sul movimento nascente, è stato in precedenza trascurato il fatto che anche l'ebraismo italiano contemporaneo era fortemente contrario. Infatti, Herzl annotò nel suo diario che solo un giorno prima della sua udienza con il Papa, si era appellato al senatore ebreo Giacomo Malvano, segretario generale alla Farnesina e convinto anti-sionista (9). Un altro ebreo notevole e amico personale del pontefice, Leone Romanin Jacur, era così mal disposto verso il sionismo da aver rifiutato persino di incontrare Herzl (10). Ha incontrato invece Pio X proprio poche sere prima dell’incontro di Herzl con il papa, e non è da escludere che i due uomini abbiano discusso il tema dell’imminente udienza (11). L’opinione pubblica ebraica prevalente in Italia condivideva le opinioni espresse dal Malvano e da Romanin Jacur. La risposta negativa dell'ebraismo italiano al sionismo al volgere del secolo è stata condizionata da una assimilazione avanzata con la sua erosione della coscienza ebraica, da una filosofia politica che ha sollevato il patriottismo italiano al livello di un dovere religioso, e da una interpretazione del messianismo, che ha legato la missione del giudaismo alla diaspora (12). Ci si poteva aspettare che il capo della chiesa cattolica romana sostenesse un movimento politico, e una ideologia di fondo, che erano stati respinti dalla maggioranza degli ebrei italiani stessi? Qualunque sia la risposta, l'opposizione di Pio X al sionismo non è indicativa del suo atteggiamento nei confronti degli ebrei o della sua posizione sul "problema ebraico", eccetto che il reinsediamento di massa in Palestina come possibile soluzione è stato rimosso nella sua mente.

 

TERZO INCIDENTE

Ernesto NathanErnesto NathanAnche il terzo incidente considerato per dimostrare il parere negativo di Giuseppe Sarto sugli ebrei si è verificato mentre era papa. Il 20 Settembre 1910, il sindaco di Roma, Ernesto Nathan, ha tenuto un discorso in occasione del quarantesimo anniversario dell'occupazione italiana della capitale, in cui ha attaccato l’oscurantismo religioso, la dottrina dell’infallibilità papale, e la soppressione del Vaticano del movimento modernista all'interno del cattolicesimo. Pio X ha reagito immediatamente con una lettera al cardinale vicario di Roma, condannando il discorso come diffamatorio e blasfemo (13). Ernesto Nathan era Ebreo. Era anche massone, essendo stato gran maestro della Massoneria italiana dal 1896 al 1903, e sindaco con una famosa coalizione di fronte popolare tenuta insieme in gran parte dal comune denominatore dell’anticlericalismo (14). Il papa, tuttavia, ha mantenuto i toni di una grande stima personale e lo considerava un galantuomo degno di rispetto (15). Se il pontefice ha censurato l’arringa anticlericale del sindaco di Roma, non era affatto per l'ebraicità di Nathan.

Questi tre episodi ci dicono molto sul carattere di Giuseppe Sarto. Essi rivelano soprattutto che era intransigente nella sua difesa degli interessi della chiesa cattolica come li interpretò, una caratteristica che ha segnato tutta la sua carriera clericale e papale. D'altra parte, a meno che non siano espunti dal loro contesto storico, questi incidenti fanno pochissima luce sui suoi rapporti con gli ebrei, se non che si è opposto al sionismo e che gli sarebbe piaciuto vederli convertirsi al cristianesimo.

 


Riferimenti:

  1. "Pius." The New Standard Jewish Encyclopedia, 5th ed., Geoffrey Wigoder, ed. (Garden City, 1977), col. 1537; Solomon Grayzel, 'Popes," The Universal Jewish Encyclopedia, 10 vols., ed. Isaac Landman (New York, 1969), 8.599; Willehad P. Eckert, "Pius X," Encyclopaedia Judaica, 16 vols., eds. Cecil Roth and Geoffrey Wigoder (Jerusalem, 1972), 13, col. 572; vedere anche Israel Zoller, "Päpste," Jüdisches Lexicon, 4 vols., eds. Georg Herlitz and Bruno Kirschner (Berlin, 1927-1930), 4, cols. 782-783. Per una visione storiografica e bibliografica esaustiva su Pio X, consigliamo la lettura di Annibale Zambarbieri, "Pio X," Dizionario storico del movimento cattolico m Italia, 1860-1980, 2 vol., ed. Francesco Traniello e Giorgio Campanini (Casale Monfer­rato, 1982), 2.486-495.
  2. Per questo incidente, vedi Il Vessillo israelitico 51 (1903): 267-268; Girolamo Dal-Gal, Il papa santo. Pio X (Padova, 1954), pp. 75-76; Carlo Falconi, I papi del ventesimo secolo (Milano 1967), p. 94.
  3. Roma, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell`Interno, Direzione Generale degli Affari di Culto, busta 97, fasc. 215, Prefettura di Treviso alla Procuratore del Re, 5 Dic. 1884; busta 134, fasc. 331, Prefettura di Mantova al Ministro di Grazia e Giustizia, 13 Ago. 1892, e Reale Corte d'Appello in Brescia al Ministro di Grazia e Giustizia, 10 Sett. 1894.
  4. Isacco Rignano, Della Uguaglianza civile e della libertà dei culti secondo il diritto pubblico del Regno d’Italia, 3a ed. (Livorno, 1885), parte 2, pp. 47-48, 53.
  5. The Complete Diaries of Theodore Herzl, ed. Raphael Patai, 5 vol, (New York, 1960), 4.1602-1603: "Gli Ebrei non hanno riconosciuto nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebreo".
  6. Vedi Dal-Gal, Il papa santo, p. 72.
  7. Patai, Complete Diaries, 4.1604.
  8. Vedi Charlotte Klein, "Vatican and Zionism, 1897-1967," Christian Attitudes on Jews and Judaism 36-37 (June/Aug. 1974): 11-16; Sergio I. Minerbi, "II Vaticano e la Palestina durante la prima guerra mondiale", Clio 3 (1967): 424-444; e specialmente l’ultimo The Vatican and Zionism: Conflict in the Holy Land, 1895-1925 (Oxford, 1990).
  9. Patai, Complete Diaries, 4:1605-1606.
  10. Per l’opposizione di Leone Romanin Jacur al Sionismo, vedi Umberto Nahon, "Le lettere di Teodoro Herzl a Felice Ravenna," Rassegna mensile di Israel 26 (1960): 247-249 and Giorgio Romano, "I rapporti di Teodoro Herzl coi sionisti italiani", ibid., pp. 499-500.
  11. Vedi Nahon, "Lettere," p. 254.
  12. Sulla risposta degli Ebrei Italiani al Sionismo, vedi Riccardo Di Segni, Le origini del sionismo in Italia (Firenze, 1972) e Andrew M. Canepa, "Emancipazione, integrazione e antisemitismo liberale in Italia," Comunità 174 (June 1975): 200-202.
  13. Per questo incidente, vedi Alessandro Levi, Ricordi della vita e dei tempi di Ernesto Nathan (Firenze, 1945), pp. 234-240; Maria I. Macioti, Ernesto Nathan. Un sindaco the non ha fatto scuola. (Roma, 1983). pp. 78-87; Giorio Levi della Vida, "Pio X, Ernesto Nathan e i 'libri rossi’ di Loisy", Ricerche religiose 20 (1949): 192-196.
  14. Per Ernesto Nathan (1845-1921), vedi le 2 biografie citate sopra e Aldo A. Mola, "Ernesto Nathan e la Massoneria," in Roma nell’età giolittiana (Roma, 1986), pp. 253-303.
  15. Vedi Il Secolo (Milano), 27 Nov. 1907 e Guido Bedarida, Ebrei d’ltalia (Livorno, Italia 1950), p. 216.

 


Andrew M. CanepaFonte: Andrew M. Canepa, Pius X and the Jews: A Reappraisal, Vol. 61, No. 3 (Sep., 1992), pp. 362-372, Published by: Cambridge University Press on behalf of the American Society of Church History

Traduzione di Franco Pellizzari.

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